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Guerra dazi Usa-Cina: colloqui in settimana, giù i mercati asiatici

Il vice premier Liu He smorza l’ottimismo di Trump e nega cambiamenti radicali nella politica industriale di Pechino

Donald Trump Xi Jinping Fonte: Bloomberg

Prevista per giovedì la partenza di un nuovo round di colloqui commerciali tra Cina e Stati Uniti, il tredicesimo dall’inizio della guerra dei dazi, 15 mesi fa. Il vice premier cinese Liu He, il rappresentante commerciale statunitense Robert Lighthizer e il segretario del tesoro usa Steven Mnuchin si incontreranno a Washington giovedì e venerdì.

Permangono i dubbi sull’esito degli incontri: secondo gli analisti dell’Eurasia Group, vi sono il 40% delle probabilità che venga raggiunto un accordo ad interim (Trump decide di ritardare l’entrata in vigore di aumenti delle tariffe e approvare una serie di licenze pendenti per i fornitori statunitensi di Huawei in cambio di acquisti da parte della Cina di prodotti agricoli statunitensi), e il 60% che Trump decida di posporre eventuali rialzi delle tariffe doganali sull’export cinese - al momento è previsto un aumento del 30% il 15 ottobre.

Quali rischi per l’accordo?

Dubbi resi ancora più profondi dalle dichiarazioni del vice premier cinese, Liu He, il quale ha dichiarato ieri che la Cina non sarà disposta a negoziare un cambiamento della propria politica industriale e una rimodulazione dei sussidi statali – esattamente ciò che invece chiede il presidente statunitense Donald Trump.

Non gioca a favore degli Stati Uniti neanche la minaccia, avanzata nei giorni scorsi, di frenare gli investimenti statunitensi, all’indomani del blocco di alcune aziende cinesi dai listini Usa. Sostanzialmente irrilevante invece il procedimento di impeachment aperto dai democratici nei confronti di Donald Trump, accusato di pressioni indebite sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky per avviare indagini su un’azienda per l’estrazione di gas del cui board fa parte il figlio di Joe Biden, il candidato democratico alle presidenziali 2020.

L’ottimismo di Donald Trump

Al contrario, Trump ha dovuto pubblicamente smentire un collegamento tra un eventuale buon esito delle trattative commerciali di questa settimana e la richiesta rivolta a Pechino di investigare su Biden– domanda avanzata per gli stessi identici motivi di quella rivolta all’Ucraina: accuse di corruzione nei confronti di Hunter Biden, il figlio del candidato dem, che il padre avrebbe protetto.

“Ci sono probabilità davvero buone” di raggiungere un accordo con la Cina, ha dichiarato Trump venerdì scorso, aggiungendo, a proposito della richiesta di investigare su Biden, che “la cosa non ha a che fare con l’altra”. “Voglio raggiungere un accordo che sia conveniente per il nostro paese”, ha aggiunto Trump.

Come si presentano i mercati?

D’altra parte, le notizie della settimana scorsa sull’economia statunitense non lasciano indifferenti. I dati sui Non Farm Payroll relativi a settembre pubblicati venerdì scorso, quelli sull’indice ISM sul settore terziario e quelli sul manifatturiero non hanno di certo aiutato. In realtà venerdì sera Wall Street aveva chiuso in positivo, a +0,75%, grazie ai buoni dati sulla disoccupazione (mai così bassa da cinquant’anni).

Ha chiuso poco mosso il Nikkei (Japan 225 Future) mentre le borse cinesi erano chiuse per la celebrazione della festa dei 70 anni della repubblica popolare cinese. L’andamento dei colloqui commerciali fa dunque da padrone sulla scena finanziaria, soprattutto in considerazione della decisa posizione della Cina.

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