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OUTLOOK 2026

Outlook 2026: le opportunità sul mercato italiano

Crescita moderata, tassi in fase di normalizzazione e rischio di policy: i driver chiave per leggere il FTSE MIB tra stabilità e volatilità.

Fonte: Bloomberg

Written by

Filippo A. Diodovich

Filippo A. Diodovich

Senior Market Strategist

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Driver principali dell’anno

Nel 2026 l’outlook per il mercato italiano dipenderà soprattutto da tre fattori: ritmo della crescita italiana (modesto ma positivo), evoluzione dei tassi di interesse nell’area euro e credibilità della politica fiscale. Noi ci posizioniamo su uno scenario in cui non si entra in recessione, ma si rimane su una traiettoria di bassa crescita: ci aspettiamo un PIL attorno a +1% e un’inflazione intorno a +1,5%, con disoccupazione poco sopra il 6% e un debito pubblico ancora molto elevato, nell’ordine del 140% del PIL.

Focus sui finanziari

Il canale più importante per l’indice passa da banche e assicurazioni, che pesano in modo rilevante nel listino (circa il 50% con le sole banche che contano per il 38%). Se i tassi restano relativamente stabili, i margini di interesse possono normalizzarsi rispetto ai picchi, ma senza lo shock negativo tipico di un ciclo di tagli aggressivo. Per noi lo scenario “base” è quello di un 2026 più da amministrare che da cavalcare: tassi in graduale normalizzazione e macro stabile possono sostenere utili e dividendi, ma con una crescita reale ancora debole diventa più difficile immaginare un’ulteriore rivalutazione dei multipli su tutto il settore.

In questo contesto torna attuale anche il tema del consolidamento nel finanziario italiano. Margini sotto controllo, pressione regolatoria e bisogno di scala (costi IT, compliance, investimenti digitali) possono spingere alcune realtà a cercare combinazioni industriali o partnership (possibili prede Banco BPM e Generali). Inoltre, con il mercato più selettivo, operazioni mirate possono diventare un modo per difendere redditività e aumentare efficienza, soprattutto se il 2026 confermerà un quadro di crescita moderata e competizione più intensa sulla raccolta.

Rischio domestico: incertezza regolatoria e fiscale

Nel 2026 ci portiamo però dietro anche un rischio domestico non trascurabile: l’incertezza regolatoria e fiscale sul settore finanziario. Se aumenta il carico fiscale o arrivano modifiche normative che incidono su profittabilità, liquidità o remunerazione della raccolta, l’effetto sulle valutazioni può essere rapido. E anche a utili invariati, sappiamo che la sola percezione di rischio regolatorio può aumentare lo “sconto” richiesto dal mercato.

Utilities e infrastrutture: stabilità, ma meno “spinta”

Sul fronte utilities e infrastrutture (reti elettriche e gas, servizi regolati), il quadro macro in genere aiuta: inflazione bassa e tassi non in risalita riducono la pressione sul costo del capitale e sostengono le storie da dividendo. Se i prezzi energetici globali restano relativamente contenuti, ci aspettiamo anche una maggiore stabilità su bollette e consumi, pur con rischi geopolitici sempre sullo sfondo. Il rovescio della medaglia è che, con un’energia meno “tesa”, diminuisce la probabilità di extra-profitti o interventi emergenziali che spostino rapidamente la redistribuzione tra Stato, imprese e famiglie: ci muoviamo quindi su un equilibrio più ordinato, ma meno “esplosivo”.

Industria e investimenti: la fine del PNRR

Per industriali, costruzioni e servizi legati agli investimenti, il 2026 è il ponte più diretto tra economia reale e Borsa. Qui la parola chiave è PNRR, perché il piano entra nel suo tratto finale e una parte importante della crescita attesa passa dalla capacità di trasformare cantieri e digitalizzazione in produttività, non solo in spesa. Se l’esecuzione si concluderà “bene”, ci aspettiamo benefici sia in termini di volumi sia come miglioramento strutturale (efficienza, logistica, servizi pubblici). Se invece l’implementazione non riuscirà a raggiungere gli obiettivi prefissati, l’impatto sugli utili tenderà a ridursi e il mercato potrà reagire di conseguenza.

Domanda estera: cambio e ciclo globale contano più del fattore Italia

Il freno principale può arrivare dalla domanda estera. L’export italiano resta vulnerabile a tariffe più alte e all’apprezzamento dell’euro, fattori che riducono la competitività. Per i titoli più esposti a USA e Asia (manifattura, componentistica, lusso), nel 2026 ci aspettiamo che contino spesso più il cambio e il ciclo globale che non la domanda domestica.

Le sfide strutturali: i cinque punti da tenere in mente

Se tiriamo le somme, le sfide strutturali che vediamo filtrare nel FTSE MIB sono cinque: produttività e partecipazione al lavoro (per alzare il potenziale di crescita), debito elevato (perché in un mondo di tassi “normali” basta poco per riaprire il tema del rischio Paese), incertezza di policy (fisco e regole) in settori chiave come finanza ed energia, esposizione agli shock esterni (commercio, geopolitica, rallentamento globale) e, in filigrana, la variabile che spesso decide la velocità delle correzioni: spread e fiducia fiscale.

Sintesi: stabilità con volatilità di breve

In sintesi, per noi il 2026 sul FTSE MIB è plausibilmente un anno di stabilità con volatilità: crescita moderata e inflazione bassa aiutano bilanci e dividendi, ma i rischi restano asimmetrici e passano da spread, politica fiscale e domanda estera.

Livelli tecnici: massimi recenti e scenario base prudente

Sul piano dei livelli, ci aspettiamo un 2026 in cui il mercato proverà a lavorare la zona dei massimi recenti: un superamento convinto dell’area 45.000 può aprire spazio verso i massimi storici di lungo periodo in area 51.270. Il nostro scenario base resta però più prudente: anche se un allungo verso i massimi è possibile, ci aspettiamo che eventuali accelerazioni vengano poi riassorbite da prese di profitto e fasi di consolidamento. Per questo, come chiusura d’anno 2026, ci posizioniamo su un guadagno nell’ordine del +5% / +10%, che in termini di livello ci porta indicativamente tra 46.000 e 48.600 punti.

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