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Prezzo del petrolio ai minimi da luglio 2017, al coronavirus si aggiunge l’incertezza dell’Opec

Resta da sciogliere il nodo della Russia, riottosa agli ulteriori tagli alla produzione invocati da Riad per tentare di contenere il calo del prezzo del greggio

bandiere bce Fonte: Bloomberg

Il piano concordato ieri dai membri dell’Opec continua a destare perplessità tra gli alleati, primi fra tutti Russia e Kazakhstan. Sembra che, in occasione dell’incontro ufficiale (da ieri i partecipanti sono a Vienna, sede centrale dell’organizzazione) questi ultimi si siano incontrati in una riunione a parte per stabilire una risposta ai membri ufficiali. I ritardi che ne sono derivati sui mercati si sono già tradotti in un drastico crollo del prezzo del greggio. Secondo indiscrezioni della stampa, sembra che la Russia si sia detta contraria ad assorbire ulteriori tagli.

Ieri la riunione tra i 13 membri dell’Opec si è conclusa con un piano per contrastare il calo del prezzo del petrolio, che negli ultimi giorni ha raggiunto minimi al di sotto dei 45 dollari al barile. Il piano, sponsorizzato soprattutto dall’Arabia Saudita, prevede ulteriori tagli alla produzione per 1,5 milioni di barili al giorno (che si andrebbero ad aggiungere ai 2,1 milioni di barili già disposti a inizio dicembre).

Oltre all’aumento dei tagli, l’Opec ha disposto anche la proroga di questi fino alla fine del 2020 – ulteriori sei mesi rispetto a quanto stabilito a inizio dicembre, quando i membri dell’organizzazione si erano impegnati a implementare tagli fino a marzo, successivamente diventato giugno 2020.

Perché il prezzo del petrolio sta precipitando?

È così che i principali paesi esportatori di petrolio cercano di contenere il drastico calo del prezzo del barile che si sta osservando nelle ultime settimane, dopo l’esplosione dell’epidemia di coronavirus.

La chiusura di fabbriche, aziende, scuole e uffici, con relativo calo dei trasporti interni, oltre alla riduzione dei voli causati dal coronavirus potrebbe infatti provocare la crisi peggiore per l’oro nero dal 2008. Uno studio condotto da Goldman Sachs ha stimato che, per mantenere il prezzo del petrolio su livelli competitivi, l’Opec dovrebbe disporre tagli per almeno un milione di barili al giorno – e comunque non basterebbe per salvare il prezzo del petrolio neanche per il secondo trimestre del 2020, in cui il barile si prevede ancora aggirarsi intorno ai 45 dollari l’uno. Soprattutto, il destino del prezzo del petrolio per il resto del 2020 è legato anche agli Stati Uniti, che non fanno parte dell’Opec

Il nodo della Russia

L’Opec sembra voler fare ancora di più: con la proposta di approfondire i tagli di ulteriori 1,5 milioni di barili al giorno, arriverebbe a un totale di 3,6 milioni di barili in meno dal dicembre 2019, ovvero il 3,6% della produzione globale. Agli stati non appartenenti all’Opec verrebbe richiesto un taglio di 500 mila barili al giorno.

Eppure, nulla è ancora ufficiale. A fare da bastian contrario è la Russia, che ancora non dà segni di voler firmare l’accordo raggiunto ieri. Il problema di Mosca si sostanzia nella questione dei condensati, ovvero un particolare tipo di petrolio si vorrebbe escludere dal conteggio dei tagli.

D’altra parte, la questione diventa prettamente economica e interna ai singoli paesi. Secondo una stima del Fondo Monetario Internazionale, l’Arabia Saudita avrebbe bisogno che il prezzo del barile arrivi almeno ad 80 dollari l’uno per compensare i costi della produzione sul bilancio; invece, per la Russia ne basterebbero solo 40.

Quali sono state le ripercussioni sul prezzo del petrolio?

L’incertezza, unita all’espandersi del coronavirus che minaccia sempre di più l’economia internazionale (oggi gli indici europei hanno aperto in area rossa, con ribassi di oltre il 2%, mentre anche gli indici Usa in apertura registravano cali intorno al 3%), ha provocato un crollo del prezzo del petrolio in mattinata. L’oro nero al momento viaggia in ribasso di oltre il 6%, a 42,80 dollari al barile (il Wti) e 46,62 (il Brent): ribassi del genere non si vedevano per quest’ultimo da almeno tre anni, dal giugno del 2017.

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