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Pmi manifatturieri ai minimi storici nell’Eurozona, la ripresa arriverà dopo aprile?

L’istituto Ihs Markit non ha mai registrato dati così negativi: in Italia solo 31,1 punti, in Spagna 30,8. Leggermente meglio Germania (34,5) e nord Europa

Grafico Fonte: Bloomberg

Nella migliore delle ipotesi, i dati di oggi sugli indici Pmi nel settore manifatturiero dell’Eurozona confermano il picco delle perdite ad aprile. Nella peggiore – una seconda ondata di contagi da Covid-19, che potrebbe costringere a rinnovate misure di lockdown – la ripresa sarà ancora più lenta e i valori scenderanno ancora più in basso dei minimi record di stamattina.

Il numero dei contagiati da coronavirus a livello globale ha ormai superato la soglia dei 3,5 milioni, mentre le vittime sono oltre 247 mila. Eppure oltre quasi due mesi di lockdown sembrano essere bastati per ridurre notevolmente la curva dei nuovi contagi tanto che, a partire da questa settimana, le restrizioni per la popolazione adottate nel tentativo di contenere la pandemia inizieranno ad allentarsi – soprattutto in Italia e Spagna: la Germania e alcuni stati degli Usa hanno infatti già alleggerito alcune misure di distanziamento sociale a partire dalla settimana scorsa.

Cosa dicono i dati sulla produzione manifatturiera di aprile?

Lo stop forzato all’attività produttiva ad aprile si fa sentire più pesante che mai. È quanto emerge dai dati pubblicati dall’istituto Ihs Markit all’indomani dell’appuntamento mensile con le interviste ai direttori degli acquisti nel settore manifatturiero.

Nell’Eurozona, la stima flash di quasi due settimane fa è stata miseramente sconfessata: l’indice Pmi manifatturiero si è assestato a quota 33,4 punti, a fronte di una previsione di 33,6 – a marzo era stata di 44,5 punti. Sempre più lontana dunque la soglia dei 50 punti, che segna il confine tra un’economia in espansione e una in contrazione.

La maglia nera spetta a Grecia (29,5 punti, minimo storico) e Spagna (30,8 punti, il risultato peggiore degli ultimi 11 anni), seguite da Italia (31,1 punti, anche in questo caso il minimo mai registrato) e Francia (31,5, in linea con le aspettative).

Relativamente meglio invece il nord Europa. In cima alla classifica i Paesi Bassi, con 41,3 punti: lontani dalla soglia dei 50, ma comunque il risultato migliore nel Vecchio Continente. Seguono l’Irlanda (36 punti, il minimo da 11 anni) e l’Austria (31,6 punti), mentre la Germania, pur registrando il minimo da oltre 11 anni, segna un rialzo rispetto alle attese: 34,5 punti, a fronte di previsioni a 34,4.

Quali sono i fattori che più hanno inciso sul deterioramento della manifattura?

Produzione, nuovi ordini, vendite ed export sono crollati a livelli mai raggiunti neanche nel momento più acuto della crisi finanziaria del 2009: quello di stamattina, in effetti, è il risultato più basso da quando l’istituto ha iniziato a raccogliere dati, nel giugno del 1997.

Il crollo del settore ha seguito, a scoppio ritardato rispetto all’indice sul comparto dei servizi, l’andamento della crisi coronavirus: dall’interruzione della catena di approvvigionamento in Cina, a partire dalle ultime settimane di gennaio, fino alla chiusura di fabbriche e imprese anche in Europa, poco più di un mese dopo. Le misure di contenimento della pandemia di coronavirus (con la chiusura delle produzioni non essenziali e il distanziamento sociale imposto dai governi) hanno dunque provocato un calo della domanda, con milioni di europei costretti a casa, e della produzione. Il carattere globale della pandemia ha inoltre provocato un crollo anche nelle esportazioni verso l’estero.

A trainare verso il basso la produzione industriale hanno contribuito anche i forti rallentamenti nella catena dei trasporti: si calcola che i tempi medi di trasporto siano infatti rallentati al minimo da 23 anni – il che ha condotto anche a una carenza di forniture.

Cosa si prevede per il futuro?

“Con la curva dei contagi sempre più piatta e la prospettiva di allentare alcune delle restrizioni, si spera che aprile rappresenti l’occhio del ciclone in termini di impatto del virus sull’economia” commenta Chris Williamson, Chief Business Economist a IHS Markit. “Significa che il tasso di decrescita ora inizierà a rallentare. Escludendo una seconda ondata di contagi, che spazzerebbe via ogni ipotesi di ripresa, le notizie potrebbero iniziare a migliorare con le persone e le imprese che tornano al lavoro”.

Resta tuttavia un certo pessimismo in capo alle aziende, che temono gli effetti sul lungo termine della crisi economica. Germania, Spagna e Austria sono i paesi più pessimisti.

Nonostante tutto, stamattina l’indice di fiducia degli investitori nella zona Euro torna leggermente a salire, nonostante continui comunque a rasentare i minimi storici. Mentre i dati sugli indici Pmi fanno riferimento a interviste condotte fino al 23 aprile, l’indagine condotta da Sentix tra il 30 aprile e il 3 maggio mette in luce una cauta fiducia, passata da -42,9 di aprile a -41,8 di maggio (comunque inferiore rispetto al consensus di Reuters, i cui analisti attendevano almeno -33,5 punti).

Come hanno reagito gli indici europei?

Al netto dei risultati di stamattina, continua la corsa al ribasso degli indici europei. Dopo l’apertura in territorio negativo di stamattina, infatti, sulla scia della rinnovata tensione tra Stati Uniti e Cina e del conseguente calo del prezzo del petrolio, il Dax tedesco segna un calo di 3,39 punti percentuali, mentre il Cac 40 perde il 3,94%, Madrid segna -2,60% e Milano – 3,15%.

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