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Forex, USD/JPY: il dilemma giapponese, come deve agire la BoJ?

Lo yen in continua svalutazione sta pressando la Bank of Japan per un cambiamento della sua politica monetaria espansiva che dura ormai da decenni.

Fonte: Bloomberg

Lo yen svalutato, le analogie con la bolla dell’89-‘91

Il 29 giugno scorso la coppia USD/JPY (大口) ha superato la fatidica soglia di 137, il valore più alto da 24 anni. Infatti, si deve tornare al 1998 per poter ritrovare livelli paragonabili a quelli odierni dove lo USD/JPY (大口) arrivò a toccare un massimo di 147. All’epoca erano passati sette anni dallo scoppio dell’enorme bolla speculativa che mise in ginocchio l’economia giapponese dopo una crescita inarrestabile che perdurava dal secondo dopoguerra.

Il crollo dell’allora prima economia mondiale fu dovuto all’abbondanza di liquidità insita nel sistema economico che alimentò la speculazione soprattutto sul mercato azionario e immobiliare. La bolla raggiunse il culmine nel 1989 quando l’indice Nikkei lambì i 39 mila punti, il triplo rispetto ai livelli del 1986.

Una successiva cascata di eventi e l’inabilità della BoJ di contrastare efficacemente la crisi ormai dilagante relegò il Giappone in una deflazione cronica che fu popolarmente definita “il decennio perduto” e che si protrasse fino al 2013.

Da allora in poi il paese del Sol Levante ha faticato nel riacquistare il lustro di un tempo, districandosi in una situazione economica complicata che alternava una bassa crescita del PIL alla cosiddetta trappola della liquidità (abbondanza di denaro che deprezza la valuta e non permette di abbassare ulteriormente i tassi di interesse per stimolare l’economia).

La situazione odierna

Il contesto macroeconomico globale, dettato da alti tassi di inflazione, non ha risparmiato nemmeno la fiacca economia giapponese che a maggio ha registrato un tasso di inflazione a/a del 2,5% - il massimo dal 2015 - ma irrisorio rispetto all’8,6% degli Usa e al 9,1% del Regno Unito.

Infatti, la differenza sostanziale si deve ai salari che in Giappone non sono cresciuti molto - nonostante l’aumento dei prezzi - e quindi hanno fatto registrare una crescita negativa dei salari reali, diminuendo la propensione al consumo dei cittadini nipponici.

La situazione pone dunque diversi interrogativi alla politica ultra-espansiva proseguita dal governatore della BoJ Haruhiko Kuroda che sta subendo forti pressioni per iniziare un primo mite rialzo dei tassi di interesse così da apprezzare la valuta e fermare la crescita dell’inflazione.

L’intervento pubblico per calmierare i bond

Uno dei dati più preoccupanti risulta il differenziale di rendimento tra i titoli del tesoro statunitense e quelli giapponesi, in continuo aumento. Inoltre, le politiche restrittive delle altre banche centrali - in particolare la Federal Reserve - potrebbero ulteriormente aumentare la divergenza e portare lo yen a livelli di svalutazione mai visti.

Al contrario, una eventuale recessione e un cambio di rotta nella politica monetaria statunitense (ribasso dei tassi di interesse) potrebbe invertire la tendenza rialzista dello yen portandola invece ad un pesante rafforzamento nel medio e lungo termine. Anche la caratteristica di “valuta rifugio”, tipica della moneta nipponica, potrebbe ulteriormente rafforzare questa tesi.

Un futuro incerto

Dunque, la progressiva svalutazione dello yen non solo sta infastidendo l’opinione pubblica ma sta anche rafforzando le speculazioni verso la sostenibilità - nel lungo termine - della politica monetaria giapponese. In particolare, molti operatori finanziari (hedge funds) stanno vendendo allo scoperto obbligazioni giapponesi scommettendo su un declino del prezzo dei bond e su un aumento dei loro rendimenti.

A questo proposito bisogna ricordare che la Bank of Japan sta attuando un piano di riacquisto obbligazionario (¥20 trilioni al mese) per controllare la curva dei rendimenti e mantenerla nella forchetta compresa tra lo 0,25% e lo 0%. Tuttavia, le pressioni politiche e finanziare contro la banca centrale potrebbero porre problemi alla sostenibilità sul lungo termine del piano di riacquisto e porre opportunità per speculazioni al ribasso sul prezzo dei titoli di stato. Infatti, un eventuale rialzo dei tassi di interesse porterebbe ad un conseguente aumento dei rendimenti obbligazionari (e ad una discesa dei prezzi dei bond).

Oltre la Abenomics

In conclusione, la situazione - sui generis - dell’economia giapponese sta creando scompiglio soprattutto sul piano della politica economica. Dopo l’introduzione, nel 2013, delle innovative iniziative macroeconomiche dell’Abenomics (crasi tra il nome dell’ex primo ministro Shinzo Abe ed economics) focalizzate su tassi di interesse negativi, politica monetaria espansiva, valuta debole e riforme strutturali, ora molti sostengono che parte di quelle idee non siano più valide nel contesto attuale o quantomeno che siano rivedibili.

La BoJ si trova dunque in una situazione molto complicata e pressata da più fronti. Sarà interessante capire se Kuroda rimarrà fedele alla sua visione di svalutazione progressiva dello yen (per incrementare le esportazioni di beni sofisticati) o se invece cederà alle pressioni (interne ed esterne) verso una rinormalizzazione della politica monetaria per frenare le pressioni inflazionistiche record dopo oltre un decennio di calo dei prezzi.

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