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Cos’è l’OPEC+, il cartello che domina il mercato petrolifero

L’Organizzazione (allargata) dei Paesi Esportatori di Petrolio produce il 71% del petrolio mondiale e le sue decisioni possono impattare sostanzialmente sulle quotazioni dell’oro nero.

Fonte: Bloomberg

Le origini

L’OPEC+ nasce nel 2016 come evoluzione dell’OPEC (il cartello creato negli anni ’60 e protagonista delle crisi petrolifere del decennio successivo). La principale differenza tra i due riguarda il numero di stati membri che nell’OPEC+ è allargato, rispetto ai 13 membri dell’OPEC, anche ad altri paesi per un totale di 24.

In realtà, l’OPEC+ non è altro che una Dichiarazione di Cooperazione che ha l’obiettivo di stabilizzare i prezzi del greggio grazie a precise quote di produzione spartite tra i vari membri. Nonostante l’intento possa sembrare virtuoso, il cartello ha spesso usato il suo strapotere nel mercato del greggio con fini molto lontani dalla stabilizzazione dei prezzi.

Chi ne fa parte?

Paesi membri OPEC:

  • Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela (membri fondatori nel 1960).
  • Negli anni successivi altri membri si sono aggiunti (e anche tolti) dal cartello. Attualmente i membri sono 13 e comprendono oltre ai paesi fondatori: Libia (1962), Emirati Arabi Uniti (1967), Algeria (1969), Nigeria (1971), Gabon (1975), Angola (2007), Guinea Equatoriale (2017), Congo (2018).

Paesi membri OPEC+:

  • i paesi OPEC
  • Azerbaijan
  • Bahrain,
  • Brunei
  • Kazakhstan
  • Malesia
  • Messico
  • Oman
  • Filippine
  • Russia
  • Sudan
  • Sud-Sudan

L’importanza sul mercato

Le sue riunioni sono dunque tenute in grossa considerazione da investitori e operatori finanziari in tutto il mondo in quanto possono generare molta volatilità sui mercati finanziari e sui prezzi del greggio.

Un esempio è stata la decisione del 5 ottobre scorso dove il cartello ha deciso di tagliare la produzione di circa 2 mln di barili al giorno per mantenere i prezzi dell’oro nero ad un livello abbastanza elevato. L’annuncio ha suscitato l’ira dei leader politici occidentali che, al contrario, stanno lottando contro le crescenti pressioni inflazionistiche (il petrolio è una delle maggiori componenti nella crescita dell’inflazione) che in molti paesi hanno raggiunto i livelli più elevati da 40 anni.

Insomma, l’OPEC+, proprio come il suo cugino OPEC, fa principalmente i propri interessi per cercare di mantenere le quotazioni dell’oro nero a livelli elevati e generare quindi cospicue entrate per i relativi paesi.

Altri casi di strumentalizzazione dell’OPEC+ sono stati gli ambivalenti atteggiamenti dell’Arabia Saudita (secondo produttore al mondo di greggio) nei confronti degli altri membri. A partire dal 2014, questo paese ha promosso un incremento della produzione (non giustificato da un relativo aumento della domanda aggregata) con il fine di abbassare drasticamente i prezzi e quindi indebolire le economie di alcuni paesi concorrenti – in primis la Russia e di buttare fuori dal mercato gli imprenditori petroliferi statunitensi di shale oil.

Nel 2020, questo comportamento si è però rivolto contro gli stessi membri del cartello a causa dello scoppio della pandemia di Covid-19. Infatti, sia la Russia che l’Arabia Saudita avevano attuato una “guerra dei prezzi” inondando eccessivamente il mercato di barili non richiesti e causando una decisa depressione delle quotazioni. Tuttavia, lo scoppio della pandemia di Covid-19 frenò repentinamente la domanda per l’oro nero portando le quotazioni, già in ribasso a causa di un eccesso di offerta, a livelli mai visti.

I futures con sottostante il benchmark statunitense WTI toccarono un livello negativo di -$30, mai accaduto prima, e causarono un fenomeno definito “super-contango”, ovvero quando i prezzi spot sono più bassi di quelli dei futures.

Il risultato fu un peggioramento della contrazione economica già in atto a causa del calo drastico della domanda aggregata.

Le prospettive

Questi esempi mostrano dunque come l’OPEC+ risulti una potente arma geopolitica da parte di quei paesi che detengono la stragrande maggioranza delle riserve di petrolio. Proprio per questo motivo, negli ultimi anni, gli Stati Uniti sono diventati i massimi produttori di petrolio al mondo così da controbilanciare, anche se solo in minima parte, le decisioni del cartello.

Questo è stato possibile grazie alla rivoluzione del fracking, sperimentata già a partire dagli anni ’70, che gli ha permesso di estrarre molto più greggio dai giacimenti esistenti.

In conclusione, molti membri dell’OPEC+ hanno già espresso la loro volontà di prolungare l’accordo per altri 10 o 20 anni anche se, al contrario, altri paesi non sono d’accordo in quanto ritengono i limiti delle quote di produzione troppo stringenti.

Nonostante ciò, il suo cugino OPEC rimane un’entità ancora fondamentale per la stabilità delle quotazioni del petrolio a livello mondiale e capirne le dinamiche di funzionamento può risultare vantaggioso per tentare di prevedere il futuro andamento dell’oro nero.

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