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Guerra commerciale, countdown per i nuovi dazi. Prezzo del petrolio in calo

La Cina sconta cattivi dati macro sulle esportazioni, che provocano una flessione degli indici globali e del prezzo del greggio, proprio a una settimana dall’avvio dei nuovi dazi

Cosa dicono della Cina gli ultimi dati macro?

Pechino guarda con ansia al 15 dicembre. È prevista per domenica prossima infatti la maggiorazione del 15% da parte degli Usa su prodotti equivalenti a 156 miliardi di dollari in totale; ma Pechino è preoccupata ora anche dai dati macro, sempre più negativi.

Gli ultimi dati infatti segnalano una flessione dell’export a novembre dell’1,1% rispetto allo stesso periodo del 2018. Si tratta del quarto rallentamento consecutivo (a ottobre era sceso dello 0,9%) ed è un chiaro indice della pressione che l’economia cinese sta sopportando da ormai 17 mesi a questa parte.

Allo stesso tempo, l’attività manifatturiera continua a correre a un tasso di crescita che non si vedeva da tre anni e che, tuttavia, fa lievitare il livello delle importazioni, che a novembre sono aumentate di circa lo 0,3%.

Sembra dunque che la domanda interna sia rimasta invariata e che, dunque, il settore manifatturiero lavori a ritmi più veloci del passato per soddisfarla, ma può contare su sempre meno risorse – che dunque Pechino cerca all’esterno. La Cina a novembre ha raggiunto un surplus di produzione pari a oltre 38 miliardi di dollari, rispetto alle previsioni di 46,3 miliardi e ai quasi 43 miliardi di ottobre.

Qual è l’impatto della guerra commerciale?

I dati sull’export arrivano nel momento meno propizio possibile: il 15 dicembre infatti scatteranno ulteriori dazi sui prodotti cinesi per un equivalente di 156 miliardi tra cellulari, laptop e altri articoli tech, giocattoli, vestiti, fino anche ad addobbi natalizi: un ulteriore, gravissimo colpo per le esportazioni.

Eppure le trattative vanno avanti, a volte segnate quasi da un cauto ottimismo. Quasi sempre, però, alla fine gli Stati Uniti sgonfiano le buone intenzioni: solo venerdì scorso il consigliere economico della Casa Bianca Larry Kudlow ha ricordato che, nonostante i colloqui in corso, non è comunque da escludere la partenza dei nuovi dazi.

A poco è servita la minaccia, da parte di un ufficiale cinese, di altre tariffe aggiuntive, in ritorsione a quelle di domenica prossima. Pechino, mentre da un lato annunciava rappresaglie, dall’altro acconsentiva a eliminare alcune tariffe sull’esportazione di soia e carne di maiale.

Sembra dunque che ormai la bilancia stia finalmente pendendo da una parte. Il presidente Usa Donald Trump è infatti sempre il primo ad attaccare: l’imposizione delle tariffe, l’appoggio ai manifestanti di Hong Kong con apposita legislazione, le accuse di violazione dei diritti umani nei riguardi dei musulmani dello Xinjiang, la minaccia di non voler considerare un’eliminazione dei dazi almeno fino alle prossime elezioni presidenziali Usa (dunque poco meno di un anno).

D’altra parte, secondo gli analisti ormai sarebbe comunque tardi per un accordo sulla “Fase 1” dell’accordo commerciale: sembra infatti che comunque i fornitori statunitensi avrebbero già trovato fonti alternative.

La mossa della Cina

Dal canto suo, Pechino ormai si limita a rispondere. L’ultima mossa, trapelata stamattina, riguarderebbe un ordine arrivato dai vertici del Partito Comunista Cinese, in base al quale all’interno degli uffici pubblici cinesi tutti i computer e relativa componentistica di fattura statunitense dovranno essere sostituiti con apparecchi Made in China. Niente più Dell, HP, Microsoft o Apple, dunque: non una semplice ritorsione, bensì un chiaro disegno di Pechino per cercare di rendersi sempre più indipendente da un mercato fondamentale.

Le ricadute sul prezzo del petrolio e sui mercati

Il primo a risentire del calo delle esportazioni cinesi è stato il prezzo del greggio, che durante la giornata ha subito una flessione dello 0,47% (WTI) e dello 0,44% (Brent).

In calo anche i principali indici asiatici: Hong Kong ha perso lo 0,09%, China A50 lo 0,04%. Di riflesso, anche le Borse europee hanno aperto in negativo: Germania -0,36%, Francia -0,29%, Londra -0,03%, Italia -0,96%, Spagna -0,21%.

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