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Prezzo petrolio in calo: quali scenari con Biden alla presidenza USA?

Luci e ombre della politica del favorito alla Casa Bianca nei confronti del greggio. Nel frattempo, il ritorno a pieno ritmo della produzione libica e l’emergenza covid-19 pesano sul prezzo del barile

trivella petrolifera Fonte: Bloomberg

La settimana delle elezioni Usa si avvia verso la conclusione e ancora resta un vago margine di incertezza su chi sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca (per quanto il democratico Joe Biden sembri ormai proiettato verso la vittoria).

Nelle ultime ore gli indici di Borsa hanno smorzato l’entusiasmo e virano al ribasso; quanto al prezzo del petrolio, invece, il calo generalizzato ha scontato non solo un’eventuale vittoria di Biden (e delle sue promesse di conciliazione con l’Iran), ma anche l’andamento galoppante della pandemia di covid-19 in tutto il mondo, con relativa minaccia per la domanda.

Prezzo del petrolio ed elezioni Usa: come si muoverà il barile?

Secondo gli analisti, una vittoria di Biden presenta zone di luce e zone d’ombra per il prezzo del petrolio. Da una parte, l’ex vice di Barack Obama ha annunciato di voler aprire la strada a un ammorbidimento diplomatico verso l’Iran. Un rientro dell’Iran nel circuito internazionale implicherebbe anche il ritorno del petrolio iraniano sul mercato, con conseguenze ribassiste sul prezzo del barile.

Al centro della strategia di Biden sull’Iran c’è il rientro della Repubblica Islamica nel patto sul nucleare, negoziato da Obama proprio con Biden vice-presidente, nel 2015. Una svolta in tal senso implicherebbe il ritiro delle sanzioni Usa sulle esportazioni petrolifere iraniane e, dunque, altri due milioni di barili al giorno immessi sul mercato degli idrocarburi.

Il mercato del petrolio sarà pronto ad assorbire le rinnovate esportazioni, in un contesto in cui la domanda di greggio non tornerà ai livelli pre-pandemici prima della fine del 2021? La risposta potrebbe pesare sulla quotazione del greggio anche con effetto immediato, nel caso in cui Biden venisse eletto alla Casa Bianca.

D’altra parte, uno scenario del genere potrebbe rivelare aspetti positivi per i prezzo del barile. Una presidenza Biden nell’immediato si tradurrebbe in un dollaro più debole che, tradizionalmente, si associa a un aumento degli acquisti sul petrolio (sul mercato internazionale il greggio è scambiato in dollari e, dunque, diventerebbe più conveniente per gli investitori).

E le politiche green promesse da Biden? Ancora non spaventano troppo il prezzo del petrolio: tanto è probabile una vittoria del candidato dem, quanto il ripresentarsi di un Congresso diviso, con la Camera dei Rappresentanti a maggioranza democratica e il Senato in mano ai repubblicani – il che renderà molto più difficile l’iter legislativo per l’approvazione di disegni di legge in tal senso.

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Andamento prezzo del petrolio ed emergenza covd-19: quali prospettive all’orizzonte?

Le elezioni Usa hanno catalizzato l’attenzione degli investitori negli ultimi giorni, ma anche altre variabili stanno incidendo sul prezzo del petrolio: l’aumento di contagi da covid-19, ma anche l’ondata di petrolio in arrivo dalla Libia.

Da quando il generale Khalifa Haftar, uomo forte della cirenaica, ha allentato la presa sui giacimenti petroliferi statali, tanto da consentire alle autorità di sollevare lo stato di emergenza (accadeva a settembre: il 23 ottobre, l’Onu ha annunciato il cessate il fuoco permanente raggiunto dalle due fazioni contrapposte dal 2011 in una guerra civile), la produzione della Libia è passata dai 100 mila barili al giorno a circa 800 mila barili al giorno.

Infine, su tutto regnano i timori sulla domanda scatenati dalla seconda ondata di covid-19. Il ritorno delle restrizioni, dello stop ai voli e del lockdown in diversi stati, soprattutto europei, ha pesato sul prezzo del petrolio fino a farlo tornare ai minimi da maggio, a meno di 33 dollari al barile.

La situazione è migliorata nel momento in cui i paesi dell’Opec+ hanno iniziato a lasciar trapelare l’ipotesi di aumentare di nuovo i tagli alla produzione. Dallo scorso agosto le riduzioni si erano fatte più lente (così come da accordi di aprile), dagli originari 9,7 milioni di barili al giorno in meno a 7,7 milioni; secondo il piano, sarebbero poi dovute scendere ulteriormente, a 5,8 milioni di barili, per tutto il 2021.

L’andamento della pandemia e le pressioni sul greggio che ne derivano fanno invece propendere il cartello non solo a posticipare i programmi, ma anche a tornare a un regime di tagli di quasi dieci milioni di barili al giorno. La notizia, trapelata all’inizio della settimana, ha contribuito a un leggero recupero del prezzo del petrolio, che dall’inizio della settimana ha guadagnato quasi il 7%.

Guadagni che però non sono durati troppo. Secondo gli analisti, anche la prospettiva di un intervento dell’Opec non riuscirà a sostenere a lungo termine il prezzo del greggio, perché ormai già ampiamente attesa.

Al momento il Wti perde il 3,40% e scende a 37,47 dollari al barile e anche il Brent torna sotto la soglia dei 40 dollari al barile, a 39,72% (-2,96%).

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