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Petrolio vola, Trump abbandona l'accordo con l'Iran

Brent e WTI aggiornano i massimi da novembre 2014, aumentando le pressioni sul reddito fisso.

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Volano i prezzi del greggio dopo l'annuncio di ieri sera del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha confermato l'uscita dall'accordo nucleare con l'Iran e il ripristino delle sanzioni, che saranno le "più pesanti di sempre". I timori delle scorse settimane hanno trovato conferma nelle parole di Trump e questo è bastato ad infiammare le quotazioni del petrolio, reduce già da un rally che durava da più di un mese.

Crediamo che la decisione di Trump abbia un duplice effetto sul petrolio: uno diretto e uno indirettoDato che l'Iran è il terzo più grande produttore di petrolio dell'OPEC, dietro Arabia Saudita e Iraq, e il quinto a livello globale (Russia e Stati Uniti sono, rispettivamente, primo e secondo), gli investitori temono che le nuove sanzioni comportino una riduzione dell'offerta globale di greggio (effetto diretto). 

L'effetto indiretto è invece legato all'accentuarsi delle tensioni geopolitiche, già molto alte in tutto il Medio Oriente per via della questione siriana. Pertanto, l'eventuale insorgere di un conflitto potrebbe rallentare la produzione nell'area e la distribuzione di greggio verso l'Europa (in Siria passano moltissimi oleodotti).

Cosa aspettarsi quindi? Posto che l'OPEC può solo giovare da un prezzo del petrolio alto, non escludiamo che nella riunione di giugno venga deciso di aumentare la produzione per sopperire al calo di offerta, stimato tra i 200.000 e i 500.000 barili al giorno entro i prossimi 6 mesi, dovuto alle sanzioni all'Iran.

Gli alti prezzi di greggio potrebbero incentivare la produzione di shale oil negli USA, un aspetto importante che potrebbe rendere il Paese a stelle e strisce il primo produttore globale (la produzione già supera i 10,5 milioni di barili al giorno, poco inferiore a quella russa).

Ci aspettiamo quindi che i prezzi continueranno a salire, creando non pochi problemi alle Banche centrali e modificando le aspettative inflattive (e tra qualche mese anche l'inflazione). Per ora la risposta dei forward 5y5y non sembra essere importante e questo perché probabilmente il mercato giudica temporaneo questo movimento. Insomma tempo al tempo.

Graficamente, il WTI potrebbe proseguire la corsa ora verso i 73 dollari, proiezione della base del triangolo di inizio anno sopra al punto di break out e parallela della trend line rialzista in essere da febbraio. Non saremmo sorpresi di vedere i prezzi a 77 dollari (minimi assoluti del 2012) intorno a metà giugno, poco prima della riunione OPEC di giugno.

CL-Giornaliero

Un eventuale pull back potrebbe aprirsi sotto i 68 dollari, mentre il supporto più interessante passa sulla trend line rialzista che unisce i minimi crescenti da inizio anno, ora in transito a 64,50 dollari. Solo sotto tale riferimento il quadro si complicherebbe e allontanerebbe l'ipotesi rialzista sopra citata.

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