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PREVIEW FEDERAL RESERVE

FED, decisione FOMC 10 dicembre: taglio dei tassi e cosa aspettarsi per il 2026

La Federal Reserve verso un taglio di 25 punti base: nuovo SEP, dot plot e scenari su inflazione, crescita e lavoro nel 2026.

Fonte: Bloomberg

Written by

Filippo A. Diodovich

Filippo A. Diodovich

Senior Market Strategist

Published on:

La riunione del FOMC del 9–10 dicembre 2025 arriva con una narrativa di mercato piuttosto chiara: altissima probabilità di un taglio dei Fed Funds di 25 punti base, dall’attuale 3,75–4,00% al nuovo intervallo 3,50–3,75%.
I future sui Fed Funds prezzano il cut come scenario base con circa il 90% di probabilità, lasciando solo una quota residuale all’ipotesi di “no change”.

Domani, 10 dicembre, alle 20 italiane, la Federal Reserve comunicherà le decisioni di politica monetaria e aggiornerà il quadro previsionale per il 2025–2026, elemento chiave per capire il ritmo dei futuri tagli.

Proiezioni macro (SEP): cosa ci si aspetta dalla Fed?

Nel SEP (Summary of Economic Projections) di settembre, la Fed descriveva un’economia in rallentamento ma non in recessione. Le proiezioni indicavano una crescita reale di circa 1,6% nel 2025 e 1,8% nel 2026, con inflazione PCE e core PCE ancora vicine al 3,0–3,1% nel 2025, ma in calo verso 2,6% nel 2026. Sul fronte del lavoro, la disoccupazione era vista stabilizzarsi in area 4,4–4,5% nei prossimi anni.

Nel frattempo, però, i dati successivi hanno modificato leggermente il quadro: l’indice core PCE, principale misura di inflazione monitorata dalla Fed, si è attestato intorno al 2,8% a/a, mentre si osservano consumi in rallentamento e una disoccupazione salita al 4,4%. Nel complesso, emerge quindi un contesto un po’ più morbido sull’inflazione, ma più debole su crescita e lavoro rispetto al set di proiezioni di settembre

Per il nuovo SEP di dicembre, le nostre prospettive sono:

Inflazione (PCE / core PCE)

  • Lieve ritocco al ribasso per il 2025, verso 2,7–2,8% rispetto al 3% indicato a settembre;

  • Stime 2026 pressoché invariate, o solo marginalmente limate, intorno al 2,5%, per mantenere credibile il ritorno graduale al target del 2%.

PIL reale

  • Possibili revisioni leggermente al ribasso per il 2025 (di 0,1–0,2 punti), per riflettere consumi meno brillanti;

  • 2026 sostanzialmente invariato (circa 1,8%), con narrativa di “crescita modesta ma positiva”.

Disoccupazione

  • Probabile aggiustamento verso l’alto delle proiezioni 2025–2026 (di circa 0,1 punti), allineando il profilo Fed a un tasso di disoccupazione stabilmente sopra il livello di “pieno impiego” di lungo periodo

Il nuovo SEP dovrebbe fotografare: meno inflazioneun po’ meno crescita e un mercato del lavoro in leggera sofferenza.

Questo crea uno spazio logico per il taglio di dicembre, ma senza legittimare ancora un ciclo aggressivo di easing nel 2026. Proiezioni più basse sull’inflazione, però, potrebbero aumentare in modo significativo le probabilità di ulteriori tagli già nel primo trimestre 2026.

Grafico Dot plot: più tagli nel 2026, ma board sarà diviso

Nel precedente dot plot, la Fed indicava per il 2026 tassi mediamente attorno al 3,375%, livello che implicava almeno un ulteriore taglio del costo del denaro nel corso del prossimo anno. Più che la sola mediana, però, il punto chiave era – e resta – la dispersione dei punti: da un lato i membri più “falchi”, favorevoli a tassi più alti per il timore di un ritorno dell’inflazione; dall’altro le “colombe”, che spingono per tagli più rapidi alla luce del rallentamento del mercato del lavoro e di segnali più morbidi sul fronte dei prezzi.

Nel nuovo grafico dei dots riteniamo probabile una leggera riduzione della mediana 2026, verso area 3,125%, ma con una frattura interna ancora più evidente. In questo senso, il dot plot tende a perdere valore come guida lineare per i mercati e diventa sempre più la fotografia di uno scontro politico interno al FOMC, dove sensibilità diverse su inflazione e crescita emergono in modo più marcato.

Questa divisione all’interno della Fed aumenta l’incertezza percepita dagli investitori e può tradursi in maggiore volatilità sui principali asset sensibili ai tassi: in primo piano i Treasury, il dollaro e, lato azionario, soprattutto i titoli growth più esposti al tema tassi.

Contrasti nel FOMC e toni di Powell: verso un “taglio hawkish”?

Il board della Fed appare ormai spaccato in tre blocchi distinti. Da una parte ci sono i falchi, che avrebbero preferito una pausa o comunque un ciclo di tagli molto limitato, temendo che un allentamento troppo rapido possa riaccendere le pressioni inflazionistiche. Dall’altra parte stanno le colombe, che considerano i tassi attuali ancora eccessivamente restrittivi e spingono per un percorso di riduzione più aggressivo, alla luce del rallentamento dell’economia e del mercato del lavoro.

In mezzo si collocano i moderati, con Powell in prima linea, che accettano il taglio di dicembre ma continuano a sottolineare che le mosse future dipenderanno in modo rigoroso dall’andamento dei dati macroeconomici, mantenendo la narrativa della data-dependence come punto fermo della comunicazione della Fed.

In conferenza stampa, è probabile che Powell adotti un profilo molto cauto, con un messaggio che vada nella direzione di un “taglio hawkish”: da un lato la Fed taglia, dall’altro prende tempo e non si impegna su una nuova riduzione dei tassi già a gennaio. L’idea di fondo sarà quella di accompagnare il mercato verso uno scenario di allentamento graduale, senza alimentare l’aspettativa di un ciclo di easing rapido e incontrollato.

Su questo fronte, i punti chiave del messaggio di Powell potrebbero essere:

  • riconoscere la necessità di tagliare ora, alla luce dei segnali di rallentamento dell’economia

  • ribadire che la politica monetaria resta restrittiva, nonostante il primo passo di allentamento

  • evitare qualunque impegno quantitativo preciso sui tagli del 2026 e sulle prossime riunioni, lasciando aperto il ventaglio degli scenari futuri.

Gennaio 2026: probabilità di un nuovo taglio in aumento

I mercati stanno iniziando a prezzare una discreta probabilità (circa 25%) di un nuovo taglio anche nel meeting del FOMC di fine gennaio 2026.

Lo scenario “solo dicembre” resta sul tavolo, ma cresce lo spazio per una sequenza:

dicembre + gennaio

soprattutto se:

  • i dati di fine anno confermeranno il rallentamento dell’occupazione,

  • l’inflazione continuerà a mostrare un profilo di discesa graduale verso il target.

Per gli investitori, questo si traduce in:

  • maggiore attenzione ai dati macro tra dicembre e gennaio,

  • crescente focus sulle guidance qualitative della Fed, oltre che sui numeri del SEP.

Il dopo-Powell e il “caso Hassett”

Sul medio periodo pesa il tema della successione a Jerome Powell, il cui mandato scade nel maggio 2026. I mercati guardano già oltre l’attuale presidente e cominciano a prezzare gli scenari possibili sul fronte politico e monetario.

Il front runner indicato da molti osservatori è Kevin Hassett, ex consigliere economico della Casa Bianca, generalmente percepito come più accomodante e più vicino alla richiesta politica di tassi strutturalmente più bassi. In altre parole, una figura potenzialmente meno rigida sul mantenere a tutti i costi condizioni monetarie restrittive.

Questo introduce una seconda dimensione di analisi per il sentiero dei tassi nel 2026. A contare non sono più solo il profilo dei dati macro – inflazione, crescita, mercato del lavoro – né soltanto il dot plot ufficiale della Fed, ma anche la probabilità che una nuova presidenza a guida Hassett scelga una linea diversa rispetto a quella di Powell.

In questo scenario, una Fed guidata da Hassett potrebbe spingere per un regime di politica monetaria meno restrittivo, accettando anche un periodo più lungo di inflazione moderatamente sopra il 2% in cambio di un maggiore supporto alla crescita reale. Si tratterebbe di un cambio di equilibrio tra stabilità dei prezzi e obiettivo occupazionale, con implicazioni importanti per tutto il sentiero dei tassi.

Bisogna inoltre tenere conto che a gennaio 2026 la Corte Suprema dovrà decidere in merito al licenziamento di Lisa Cook, membro del Board of Governors della Fed. Se il licenziamento venisse considerato legittimo, Donald Trump avrebbe una carta in più da giocare nella composizione del board, spostando ulteriormente l’ago della bilancia del FOMC verso politiche monetarie più accomodanti, se non apertamente ultra-espansive.

Cosa guardare dopo il FOMC di dicembre

Dopo il comunicato e la conferenza stampa, i punti chiave per interpretare le decisioni del FOMC e le prospettive per il 2026 saranno:

  1. Entità del taglio: conferma del -25 bps come scenario base

  2. Nuovo SEP: quanto scendono le proiezioni su inflazione e crescita

  3. Dot plot 2026: se la mediana si sposta verso il basso e quanto aumenta la dispersione

  4. Toni di Powell: più “hawkish” o “dovish” rispetto alle aspettative di mercato

  5. Pricing su gennaio 2026: eventuale aumento delle probabilità di un secondo taglio

  6. Narrativa sul dopo-Powell: quanto il tema della successione entra, anche implicitamente, nel dibattito

Per chi segue i mercati, il FOMC di dicembre non è solo un appuntamento sulla decisione sui tassi, ma un passaggio chiave per capire:

  • il ritmo dei tagli nel 2026,

  • e quanto la politica monetaria americana resterà davvero restrittiva di fronte a un’economia che rallenta.

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