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Primarie Usa, come si preparano i candidati al voto in South Carolina e al Super Tuesday?

Sanders recupera il terreno perso in partenza, lavorando sui voti delle minoranze, eppure gli occhi sono puntati sull’appuntamento di martedì prossimo, quando voteranno 14 stati

Bandiere Usa Fonte: Bloomberg

Sabato scorso le elezioni primarie nel Nevada hanno consacrato sul primo gradino del podio il senatore del Vermont, Bernie Sanders, che finalmente è riuscito a distaccare il sindaco di South Bend, Pete Buttigieg, con il 46,8% delle preferenze e 22 delegati (Buttigieg ne ha conquisati solo tre).

Quali prospettive per i candidati alle elezioni primarie in South Carolina?

Ora è la volta del South Carolina, dove si vota sabato 22. Martedì scorso, i contendenti si sono confrontati in un dibattito in cui Buttigieg non ha perso occasione per scagliarsi contro Sanders, nel tentativo di diventare quello che gli elettori democratici cercano: un candidato in grado di tenere testa a Donald Trump.

Tra i due hanno cercato di farsi strada anche gli altri candidati: Joe Biden, Amy Klobuchar, Elizabet Warrem e, soprattutto, l’ex sindaco di New York, Michael Bloomberg.

Un sondaggio Ipsos ha misurato il grado di successo di ogni candidato nell’ultimo dibattito: vince Bernie Sanders, favorito al 64,7% e una performance a 3,0 (in una scala da 1 a 4); subito dopo Buttigieg, favorito al 61,3% e con una performance pari a quella di Sanders, 3,0; al terzo posto Biden, con il 59,3% di possibilità e una performance stimata a 2,9 punti. In fondo alla classifica gli analisti Ipsos mettono proprio Bloomberg, favorito al 46,7% e con una performance di 2,5 punti.

Come era composto l’elettorato democratico in Nevada?

La Carolina del Sud, stato storicamente fedele ai repubblicani, in occasione delle elezioni presidenziali ha votato per il candidato repubblicano per 13 volte di seguito (ad eccezione del 1976, quando fu la volta di Jimmy Carter). Nello stato è presente una forte componente di afroamericani, il 19% della popolazione, che tuttavia ha subito una contrazione del 25% dalle elezioni del 2008. I candidati si sono sfidati in un dibattito a Charleston lo scorso martedì.

Nel caucus in Nevada, Sanders è riuscito a conquistare il 53% dei presenti di origine ispanica e latina, mentre l’ex segretario di stato Joe Biden, il più liberale tra i candidati, ha ottenuto solo il 16% delle preferenze del gruppo etnico, Buttigieg il 9%, Tom Steyer (attivista miliardario) l’8% e la senatrice Elizabeth Warren solo il 7%. D’altra parte, Sanders ha dominato anche tra le preferenze degli afroamericani. La sfida del Nevada era proprio nella sua composizione variegata, con il 30% della popolazione latina, il 10% di colore e un altro 10% asiatici o provenienti dalle regioni del Pacifico.

Non ha neanche pesato il mancato endorsement da parte della Culinary Union, il maggiore sindacato del Nevada che riunisce circa 66 mila lavoratori in Hotel e Casinò, dopo che il sindacato ha rigettato il piano “MediCare fo all” del senatore del Vermont, adducendo che avrebbe comportato un servizio peggiore utilizzando guadagni e risparmi dei singoli cittadini. La questione sanitaria in effetti sta a cuore al 63% degli elettori democratici, ma la priorità resta quella di avere un candidato in grado di sconfiggere Trump alle elezioni.

Cosa si prevede per il Super Tuesday?

D’altra parte, il vero giro di boa sarà martedì 3 marzo, il cosiddetto “Super Tuesday”, quando si recheranno alle urne i cittadini della maggioranza degli stati Usa – 14 stati terranno elezioni primarie, più le Samoa Americane tramite caucus, per un totale di 1.344 delegati da nominare (il 33,8% del totale che andrà alla convention del partito, a metà luglio).

È l’occasione che Michael Bloomberg attendeva dall’inizio della campagna per le primarie. Dopo aver bypassato i primi dibattiti, infatti, l’ex sindaco di New York si è presentato a Las Vegas, dove però il successo è stato molto più contenuto del previsto. Martedì prossimo tuttavia si voterà, tra gli altri stati, anche in California e Texas, i due più popolosi degli Usa: in totale, sarà chiamata al voto circa il 40% della popolazione statunitense (iscritta alle liste elettorali).

D’altra parte, non necessariamente Bloomberg sarà il protagonista del Super Tuesday. Per quanto il magnate americano abbia speso circa 200 milioni di dollari in spot televisivi (di cui 60 solo in California) e pubblicità, dovrà ancora lavorare sul carisma – tralasciando la scarsa performance a Las Vegas e a Charleston, Blomberg è già molto indietro nei sondaggi.

Come sta impattando il rischio coronavirus sulle elezioni primarie?

Negli ultimi giorni, in attesa del prossimo appuntamento in Carolina del Sud e al “Super Tuesday”, il coronavirus ha tenuto banco anche (e soprattutto) nella discussione politica. A preoccupare non è solo la probabile emergenza sanitaria (già si registrano i primi casi di contagio), ma anche la ripercussione sugli indici azionari e dunque, in generale, sull’economia.

Al momento, il presidente Usa Donald Trump ha garantito che la situazione sarebbe sotto controllo, mentre ieri ha nominato il segretario di stato Mike Pence responsabile della Casa Bianca sulla questione. “Faremo tutto ciò che sarà più appropriato”, ha annunciato ieri, prendendo in considerazione la richiesta dei democratici al Senato di implementare un fondo di oltre otto miliardi di dollari per far fronte all’emergenza. Eppure, i candidati alle elezioni primarie non si sono lasciati sfuggire l’occasione per lanciarsi in dure critiche nei confronti di Trump.

Come hanno reagito le Borse?

Non a caso, la risposta di Trump al crollo di ieri sui listini statunitensi ha coinvolto il dibattito democratico, adducendo la flessione degli indici proprio alle dichiarazioni degli avversari politici. Il crollo è avvenuto in concomitanza della conferenza stampa con cui Trump rassicurava la stampa sulla gestione dell’epidemia del coronavirus, prima che i candidati democratici si confrontassero.

Al momento, i listini Usa viaggiano tutti al ribasso: il Dow Jones viaggia in flessione dell'1,52%, il Nasdaq dell'1,775 e l'S&P500 del 1,43%, azzerando tutti i guadagni dall’inizio dell’anno.

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