OUTLOOK 2026
Illustriamo i market mover da monitorare per sfruttare le opportunità sui mercati finanziari
Il 2026 si apre con un quadro globale meno “drammatico” rispetto agli anni degli shock inflattivi e dei rialzi aggressivi dei tassi da parte delle banche centrale, ma non per questo sarà semplice. La disinflazione prosegue, la crescita resta fragile e disomogenea, e l’incertezza geopolitica continua a tenere alto il premio per il rischio. Per chi fa trading, questo è il classico anno in cui i mercati non premiano tanto i trend di lungo periodo quanto la capacità di leggere rapidamente i driver dominanti (inflazione, crescita, politica monetaria, geopolitica) e adattare il posizionamento sul mercato.
Di base, lo scenario non è quello di una recessione globale, ma di un’espansione moderata: il Fondo Monetario Internazionale vede la crescita mondiale intorno al 3,1% nel 2026, mentre l’OCSE è più prudente e indica circa 2,9%, evidenziando come tariffe e incertezza politica possano frenare investimenti e commercio. La conseguenza pratica è una parola: dispersione. Tra paesi, tra settori, tra curve dei tassi, tra valute. E quindi più rotazioni, più volatilità episodica, più importanza al risk management.
Il nodo centrale non è “recessione sì o no”, ma la qualità della crescita. La traiettoria appare moderata e piena di asimmetrie: alcuni paesi reggono meglio, altri arrancano, e la trasmissione della politica monetaria continua a lavorare in ritardo sull'economia reale.
Sui mercati significa una cosa molto concreta: i prezzi si muoveranno spesso per sorpresa relativa, non per livello assoluto. In un anno così, un’inflazione che scende “meno del previsto” o un dato sul lavoro che sorprende anche di poco può cambiare rapidamente le aspettative su tassi, dollaro e sentiment globale.
Le parole d’ordine del 2026 saranno normalizzazione, calibrazione ed equilibrio. Con l’inflazione in discesa ma non del tutto domata (soprattutto nei servizi), le banche centrali tenderanno a muoversi con prudenza: abbastanza da non strozzare l’economia, ma senza tornare a condizioni ultra-espansive.
Negli Stati Uniti, il sentiero implicito nelle proiezioni ufficiali (dicembre 2025) punta a un rientro graduale: mediana dei Fed Funds intorno al 3,4% a fine 2026 (dal 3,6% a fine 2025), con crescita USA in area 2,3% e core PCE intorno al 2,5%. Tradotto operativamente: il mercato potrebbe alternare fasi di “tagli sicuri” a fasi di “tagli rimandati”, a seconda di inflazione core e condizioni del lavoro.
In Europa, le proiezioni dell’Eurosistema descrivono una crescita moderata (circa 1,0% nel 2026) e inflazione più vicina al target (HICP circa all'1,7% nel 2026). Anche qui, lo spazio per allentare c’è, ma la sensibilità a salari e servizi resta alta. Per chi fa trading, la BCE può creare volatilità non tanto con le mosse, quanto con il tono: bastano pochi segnali “hawkish” o “dovish” per muovere aspettative su curva e FX.
Nel 2026 la divergenza resta un driver. L’OCSE, ad esempio, proietta per il 2026 una crescita USA intorno all' 1,7%, Eurozona circa 1,2%, Cina circa 4,4%. Questa differenza conta perché alimenta differenziali di tasso.
In stile operativo, la domanda utile non è “chi cresce di più”, ma: dove stanno cambiando le aspettative? Un’economia che passa da “deludente” a “solo mediocre” può muovere mercati più di un’economia già attesa forte. Per questo nel 2026 la lettura delle aspettative (e del posizionamento) può essere quasi più importante dei dati stessi.
La geopolitica rimane un pilastro del 2026: tensioni su più teatri e competizione strategica tra blocchi possono riflettersi su catene di fornitura, costi logistici, energia e politiche commerciali. OCSE e FMI richiamano il ruolo di tariffe e incertezza politica come fattori che possono pesare su scambi e investimenti.
Molti movimenti non nascono da trend, ma da shock (anche brevi) che cambiano il pricing del rischio in poche ore o giorni. L’energia è spesso il canale di trasmissione più immediato. L’IEA vede ancora crescita della domanda di petrolio nel 2026 ma il prezzo può reagire in modo non lineare a eventi su rotte, sanzioni o produzione.
Il 2026 potrebbe essere l’anno in cui l’inflazione “headline” appare sotto controllo, mentre la parte più persistente (servizi, componenti legate ai salari) continua a mettere pressione sulle banche centrali. Questo è uno dei setup più delicati per i mercati: crescita che rallenta ma inflazione core che non rientra abbastanza velocemente.
Operativamente, è un contesto in cui i mercati diventano molto reattivi a poche variabili: dinamica salariale, affitti/servizi, prezzi dell’energia e condizioni finanziarie. La volatilità aumenta soprattutto quando il mercato è convinto di una traiettoria (tagli rapidi) e i dati la smentiscono.
Dopo anni in cui l’attenzione era quasi tutta su inflazione e banche centrali, il 2026 può riportare in primo piano il tema fiscale: priorità di spesa, vincoli di bilancio, difesa, transizione energetica e investimenti strategici. Questo mix può sostenere alcune aree della domanda, ma può anche aumentare l’attenzione dei mercati sulla sostenibilità e sul livello dei rendimenti.
Per un trader, l’aspetto operativo qui è il “regime switch”: quando il mercato passa dal guardare solo i tassi ufficiali al guardare anche emissioni, aste e narrativa sul debito, la sensibilità ai titoli e alle dichiarazioni politiche tende a crescere.
Nel 2026 ci sono due snodi rilevanti per la volatilità delle aspettative:
Nel 2026 la tecnologia resta un tema macro a tutti gli effetti, perché il ciclo di investimenti (CAPEX) legato ad AI, data center, semiconduttori, cloud e infrastrutture di rete continua a fare da traino in diverse aree dell’economia. L’idea di fondo è semplice: più capacità di calcolo, più efficienza dei processi e automazione possono sostenere produttività e investimenti, anche in un contesto di crescita moderata. Ma per i mercati questo non è un trend “uniforme”: aumenta la dispersione. Pochi vincitori concentrano la creazione di valore, mentre molti “inseguitori” restano più dipendenti dalle aspettative e dalla narrativa.
Il punto chiave è che la tecnologia 2026 potrebbe muoversi a “regimi”: fasi di accelerazione (nuovi annunci, salti prestazionali, adozione più rapida del previsto) alternate a fasi di normalizzazione (aspettative troppo avanti rispetto ai risultati). Inoltre cresce la sensibilità a due variabili esterne: costi energetici (data center e rete sono energivori) e condizioni di finanziamento (il CAPEX è ciclico e reagisce a tassi e costo del capitale). Infine, non va esclusa la possibilità di una nuova ondata di innovazione nell’AI: miglioramenti nei modelli, nell’efficienza (costo per token/compute), nell’integrazione software e nelle applicazioni verticali potrebbero riaprire ciclicamente il tema “productivity shock”, con effetti a catena su aspettative, investimenti e narrativa di mercato.
In un anno di crescita moderata, questi elementi possono amplificare movimenti di breve e cambiare rapidamente il sentiment, anche senza un cambiamento immediato nei fondamentali.
Di seguito tre scenari utili per impostare una mappa mentale e aggiornare le probabilità durante l’anno. L’obiettivo è quello di avere una struttura per reagire ai dati.
Scenario Base: rallentamento ordinato e disinflazione graduale
Scenario “Upside”: soft landing più pulido e miglioramento del sentiment
Scenario “Downside”: crescita fragile + inflazione appiccicosa (stagflation light) o shock geopolitico