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Prezzo del petrolio in calo, Russia contro taglio a produzione petrolio per fronteggiare coronavirus

L’allarme epidemia ha spinto al ribasso il prezzo del greggio, accelerando le pressioni interne dell’Opec per un aumento dei tagli alla produzione

Barili petrolio Fonte: Bloomberg

I nuovi tagli alla produzione petrolifera, di cui si è parlato nell’ultima riunione dell’Opec+ (l’organizzazione delle nazioni esportatrici di petrolio, allargata agli alleati) nel tentativo di provocare un rialzo del prezzo del greggio, potrebbero trovare ulteriore motivazione con l’espandersi del coronavirus.

Se ne è parlato durante la riunione dell’organizzazione nel quartier generale di Vienna, durante la quale un panel ha suggerito ulteriori tagli alla produzione giornaliera pari a 600 mila barili. Tuttavia quello che si è riunito ieri è stato solo il Comitato tecnico congiunto, formato dai rappresentanti dei paesi membri dell’organizzazione senza poteri decisionali, in grado solo di girare raccomandazioni ai rispettivi capi di stato e di governo.

Questi ultimi avrebbero dovuto riunirsi il 5 marzo, ma è probabile che la riunione venga anticipata a febbraio. D’altra parte, l’idea di proseguire con ulteriori tagli alla produzione del petrolio nel 2020 sarebbe comunque stata all’ordine del giorno, sulla base della nuova strategia predisposta nella riunione del 5 dicembre 2019.

Sembra però che l’espandersi del coronavirus abbia fornito l’occasione all’Arabia Saudita per fare ancora più pressioni sugli altri membri dell’organizzazione (allargata anche agli alleati, prima fra tutti la Russia) e tornare a chiedere ulteriori tagli alla produzione, oltre a un prolungamento della durata della misura.

Perché la Russia non vuole ulteriori tagli?

Il ministro dell’Energia russo, Aleksander Novak, ha tuttavia dichiarato che servirebbe ancora tempo per capire il reale impatto del coronavirus sul mercato delle materie prime, soprattutto a causa del blocco dei trasporti in Cina, prima di intraprendere qualsiasi misura.

Sembra che, a riunione conclusa, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov abbia dichiarato di “supportare l’idea”, salvo poi ricordare, poche ore dopo, che comunque già nella riunione di inizio dicembre Mosca si era dichiarata a favore dell’estensione dei correnti tagli (che dovrebbero concludersi a giugno), ma non di un aumento degli stessi – tutt’altro: la principale preoccupazione di Putin è fare in modo che nel conteggio delle quote da ridurre non vengano inclusi anche i condensati, un particolare tipo di idrocarburi particolarmente diffuso in Russia, la cui riduzione delle esportazioni potrebbe impattare notevolmente sull’economia russa.

Quali danni sta provocando all’economia il coronavirus?

La Cina importa circa due terzi del petrolio prodotto dai paesi dell’Opec+. Tuttavia, con l’esplosione del coronavirus e il blocco dei trasporti (anzitutto nella megalopoli di Wuhan, dove si è sviluppato il focolaio, ma poco dopo anche del traffico aereo in entrata e in uscita), ha provocato un calo della domanda di petrolio e un conseguente abbassamento del prezzo.

È di poche ore fa la notizia che S&P ha previsto un rallentamento dell’economia cinese nel primo trimestre di ben due punti percentuali, passando dal 7% al 5% di crescita mentre le Borse asiatiche stamattina hanno chiuso in rosso, dopo quella che sembrava una lenta ripresa.

Come ha reagito il prezzo del petrolio?

Il rallentamento economico della seconda potenza economica mondiale ha dunque provocato un ribasso del prezzo del petrolio.

D’altro canto, proprio in questi giorni assistiamo a un aumento della domanda, a causa delle tensioni in Libia: gli attacchi da parte del generale Khalifa Haftar ai siti petroliferi della Tripolitania, a inizio gennaio, hanno infatti provocato blocchi alla produzione, è scesa da circa 1,3 milioni di barili al giorno a 300 mila. A risentirne è stata anche e soprattutto Eni, le cui azioni stamattina aprono in area negativa dopo l’annuncio del dimezzamento della produzione, passata da 300 mila barili al giorno a circa 150 mila.

Al momento, il Wti segna un calo, a 50,84 dollari al barile, mentre anche il Brent è sceso a quota 54,80 dollari al barile.

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