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USA: possiamo prevedere l’andamento futuro degli indici azionari dalle elezioni precedenti?

Tre lezioni che possiamo imparare dalle elezioni presidenziali statunitensi del passato

Una campagna diversa da tutte le altre. La 58esima elezione presidenziale statunitense non ha rispettato alcuna previsione.

Con altri possibili colpi di scena in arrivo, gli ultimi novantacinque anni di andamento degli indici possono rivelare le conseguenze dell’esito delle elezioni sui mercati finanziari.

Andando a ritroso nel passato possiamo identificare qualche elemento comune che ci possa essere d'aiuto nel capire cosa ci aspetta.

Scopri come le precedenti elezioni hanno influenzato l'andamento del Dow Jones

Le elezioni portano spesso a "forti rimbalzi" nel breve termine

Dow Jones percentage change chart

Un'ondata di ottimismo sul mercato potrebbe arrivare sulla scia delle elezioni, indipendentemente da chi le vincerà.

Tenendo conto dell'ultima volta in cui si è insediato un nuovo presidente, questo potrebbe essere facilmente ignorato. Pensate a quando Barack Obama ha prestato giuramento come 43esimo presidente nel 2008: l'S&P 500 è cresciuto del 2,6% durante i primi sei mesi del suo mandato, mentre il Dow è sceso.

Ma non dimenticate la crisi economica globale di quel periodo. Storicamente, sia il Dow che l'S&P 500 hanno evidenziato dei movimenti positivi a seguito dei risultati di un'elezione. Infatti, fin dall'epoca in cui Herbert Hoover venne eletto presidente nel 1929, il Dow è cresciuto in media del 6,4% nei primi sei mesi di mandato, indipendentemente dal partito.

Oltre due terzi delle volte in cui un nuovo presidente è arrivato al potere, il Dow è cresciuto del 7,4% in sei mesi, e l'S&P 500 ha ottenuto risultati simili durante lo stesso periodo. Inoltre, questa risposta positiva a breve termine del mercato è molto simile sia per i Repubblicani che per i Democratici, poiché la certezza di una guida politica, qualunque essa sia, mette il mercato a suo agio. 

In gioco non solo la Presidenza, ma anche il Congresso

Singe versus double-party Congress chart

La sfida tra Trump e Clinton è il tema caldo dell'imminente elezione, ma l’8 novembre ci sarà in palio molto più della sola presidenza.

I cittadini statunitensi andranno alle urne per eleggere 469 tra deputati e senatori (su un totale di 541) nel Congresso degli Stati Uniti. Tradizionalmente, un Congresso con una forte opposizione rende difficile per la parte vincente trasformare le proprie proposte in leggi, e al momento, si presume che i Repubblicani possano mantenere il controllo della Camera, mentre i Democratici possano conquistare il Senato.

Hillary, in caso di vittoria, potrebbe temere gli effetti di un Congresso diviso “split congress” sulla propria agenda politica. Tuttavia un tale scenario potrebbe essere una ottima notizia per le piazze azionarie. Dal 1929, l'S&P 500 ha guadagnato in media il 30,6% durante le presidenze democratiche in cui i Repubblicani avevano il controllo di almeno una delle Camere.

I recenti scandali di Trump hanno contribuito ad aumentare le speranze dei Democratici di conquistare entrambe le camere. Ciò potrebbe creare un scenario politico migliore, ma storicamente una situazione di questo tipo sarebbe meno favorevole per i mercati azionari. I Democratici hanno controllato sia la Casa Bianca che le due camere del Congresso per un totale di 34 anni dal 1929, e questo ha coinciso con guadagni annuali meno favorevoli per l'S&P 500: una media del 21,4%.

Discorso diverso per i Repubblicani. Quando il GOP ha vinto la presidenza e i Democratici occupavano una delle due camere, l'S&P 500 ha guadagnato una media del 4,1%. Una vittoria totale dei Repubblicani (“full sweep”), sebbene improbabile secondo i recenti sondaggi, ha visto l'S&P 500 guadagnare una media del 16% dal 1929.

Collegare le statistiche a una regola universale sulle prospettive degli indici principali sarebbe fuorviante. I numeri non ci diranno mai quello che è realmente accaduto, come ci insegna il successo del mercato azionario durante la presidenza di Bill Clinton.  

La Fortuna dei Democratici

Sulla carta, tutto suggerisce una crescita potenzialmente maggiore nei mercati nel caso in cui sia Clinton a occupare la poltrona nell'Ufficio Ovale.

La candidata è stata felice di evidenziare i presunti benefici offerti da una presidenza democratica per il mercato azionario. Il Dow ha guadagnato in media l'86% coi Democratici alla Casa Bianca rispetto al 58% dei Repubblicani fin dal 1929, oltre ad avere raggiunto nuovi massimi durante il mandato di Barack Obama. Ugualmente, l'S&P 500 è cresciuto in media il 62% rispetto al 10% coi leader del GOP, mentre il NASDAQ ha mostrato una disparità ben maggiore: il 206% rispetto al 53%.

Tuttavia in questi calcoli bisogna considerare la fortuna.

Basta guardare al periodo della presidenza di Bill Clinton, spesso citato come quello in cui sono stati prodotti i migliori guadagni dal dopoguerra in tutti i tre mercati azionari con un rialzo del 227%. Clinton è stato presidente durante un importante boom tecnologico, alla nascita di società come eBay e Amazon, prima di lasciare al suo successore Repubblicano, George W. Bush, la crisi dopo la rottura della bolla speculativa dell’hi-tech.

Le presidenze democratiche hanno generalmente visto una maggiore produttività, minori shock petroliferi, un aumento delle spese per la difesa e una crescita internazionale più rapida rispetto ai loro rivali. Possono sostenere (e lo fanno) che alcuni di questi aspetti sono dovuti alla loro politica fiscale. Nella maggior parte dei casi, però, non c'è alcuna correlazione. Infatti, gli esperti ritengono che i periodi fortunati possono contare per almeno due terzi del divario tra il successo del mercato azionario del periodo democratico rispetto a quello repubblicano.

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