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La Turchia non riesce a trovare una soluzione alle tensioni finanziarie. Dopo le bocciature da parte delle agenzie di rating (Moody’s e S&P’s) che hanno portato la valutazione sul debito a lungo termine turco ben sotto il livello di “spazzatura” è arrivata l’ennesimo ultimatum da parte dell’amministrazione Trump per il rilascio del pastore statunitense Andrew Brunson accusato da Ankara di essere complice nel tentato colpo di stato contro Erdogan del 2016. Secondo l’intelligence turca Brunson sarebbe stato una delle spie più fidate dell’imam Fetullah Gulen, esiliato politico negli Stati Uniti e acerrimo rivale di Erdogan. Il negato rilascio del pastore potrebbe costringere Washington a lanciare nuove sanzioni economiche contro la Turchia.
La Turchia intanto cerca di appoggiarsi ai suoi “nuovi” alleati. Il Qatar ha instaurato una linea di credito per la Turchia tramite un currency swap per fornire liquidità al paese. Tuttavia Erdogan deve trovare altre soluzione per allentare le tensioni finanziarie e il forte deflusso di capitali. L’autoritario presidente turco ha già negato la possibilità di ricorrere al programma di aiuti del Fondo Monetario Internazionale e di introdurre misure di controllo sulla circolazione dei capitali.
Unica soluzione possibile rimane l’azione della banca centrale turca ovvero con un ingente aumento dei tassi d’interesse (al momento al 19%). L’economia turca viaggia su una strada molto pericolosa. Per mantenere una crescita del PIL superiore al 5% Erdogan tollera un tasso di inflazione al 16% mettendo sotto pressione il governatore dell’istituto centrale turco per non rialzare i tassi.
Riteniamo che il rialzo dei tassi sia inevitabile. Ci aspettiamo un possibile recupero della lira turca nel medio/breve periodo con il cambio USD/TRY che possa tornare verso i supporti a 5,70 (obiettivo ribassista a 5,10 in caso di cedimento di 5,70). Attenzione che nel brevissimo le tensioni potrebbero essere ancora alte e non ci stupirebbe rivedere l’USD/TRY anche a 6,50.