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Dati interlocutori quelli provenienti dal mercato del lavoro statunitense, che ha risposto vendendo il decennale e deprezzando il biglietto verde. Alle cifre ben inferiori alle attese sui nuovi posti di lavoro creati per il mese di settembre (largamente più bassi rispetto ai massimi di marzo) ha fatto seguito un tasso di disoccupazione nuovamente in contrazione, sui valori più contenuti dal 1969. Donald Trump non ha mancato di twittare la notizia...
Nuovi posti di lavoro: pesa l'uragano Florence
Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno comunicato nell’ultimo mese 134 mila nuove occupazioni nel settore non agricolo (NFP), inferiori alle 180 mila attese e alle 270 mila ottenute ad agosto (a seguito della revisione operata sul già positivo dato di 201 mila). A pesare sono state anche le conseguenze dell'uragano Florence sull'occupazione nella ristorazione e nel commercio al dettaglio, che ha colpito la Carolina del Sud e del Nord a metà settembre. Contestualmente, il Bureau of Labor Statistics (BLS) americano ha annunciato un tasso di disoccupazione al 3,7% dal 3,9% del mese scorso.
Il dato odierno, tuttavia, potrebbe indicare, secondo alcuni, un'ulteriore contrazione del mercato del lavoro valutato in termini di offerta e domanda.
Salari in linea col livello dei prezzi
Poche novità relativamente ai salari, in linea con le attese al +0,3% mensile e modestamente inferiori su base annua (+2,8% rispetto al 2,9% di agosto). Numeri che si confermano vicini ai massimi dal 2009. Un dato sull’inflazione salariale contenuto placa in parte i timori sorti nel corso della settimana, relativi ad un’eventuale surriscaldamento dell'economia che porterebbe la Fed a seguire un sentiero più duro nel processo di rialzo dei tassi d'interesse.
“I dati odierni” ha commentato Vincenzo Longo, Market analyst di IG “sono apparentemente deludenti. Gli investitori sembrano aver apprezzato le importanti revisioni dei mesi precedenti, che più che compensano il dato deludente di settembre”.
Rilevante è invece l’incremento della bilancia commerciale, passata dai 50 miliardi di dollari di luglio ai 53,2 miliardi dell’ultimo dato rilevato, il più alto da febbraio.
Attenzione alla Fed e all'inflazione
“Nel complesso” ha proseguito Longo “crediamo che i dati odierni non cambino la strategia della Federal Reserve di procedere con un rialzo dei tassi a dicembre”, portando a quattro il totale degli interventi sul costo del denaro nel 2018.
Mentre l’attenzione è ora rivolta al dato sull’inflazione che sarà reso noto giovedì prossimo, il mercato ha risposto al dato sul lavoro con una nuova vendita di titoli di stato a dieci anni. Il Treasuery è tornato a corrispondere un rendimento sui massimi di periodo, dopo aver toccato il proprio massimo da sette anni. Anche i future a Wall Street hanno accelerato al ribasso dopo la pubblicazione dei dati, supportando questi la view hawkish, cosiddetta da falco, preannunciata dal governatore della Fed, Jerome Powell, in settimana.