Utilizziamo i cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione. Proseguendo su questo sito ci autorizzi a usare i cookie. Puoi scoprire di più sulla nostra policy sui cookies qui.
“Sono molto deluso da General Motors e dal suo CEO, Mary Barra, per la decisione di chiudere gli stabilimenti in Ohio, Michigan e Maryland; nessuna chiusura in Messico e Cina. Gli Stati Uniti hanno salvato GM e questo è il ringraziamento che otteniamo! Valuteremo un taglio dei sussidi concessi al gruppo, inclusi quelli per le auto elettriche”.
Non si placa l’azione di Donald Trump che, al fine di “proteggere i lavoratori americani”, ha minacciato ieri via Twitter la storica casa d'auto, che non potrà più contare sul sostegno dello Stato.
General Motors ha annunciato martedì il proprio piano di ristrutturazione, che prevede la chiusura di cinque impianti nel Nord America ed il taglio di 14.700 posti di lavoro (tra operai ed impiegati). Misure, queste, volte a rendere il gruppo più competitivo; non sono però mancati i timori che una nuova, futura, recessione sia alle porte.
In un periodo di per sé teso sul fronte del commercio e della produzione, l’azione del Presidente statunitense non si è quindi limitata ai solo scambi oltre confine e ai rapporti internazionali, ma ha spostato il proprio focus sui player dell’economia domestica.
Trump: dazi sul settore auto (anche europeo) al 25%
Se General Motors ha perso ieri a Wall Street oltre il 2 per cento, l’intero settore automobilistico non ha attraversato una giornata positiva (-3,88% Volkswagen a Francoforte e -1,58% Fiat Chrysler a New York). I titoli del comparto auto sono stati colpiti dall’indiscrezione che l’amministrazione Trump starebbe considerando l’introduzione di dazi sulle vetture importate dall’estero (Europa compresa) già a partire dalla prossima settimana, dopo il meeting d’Argentina di questo week end.
La tariffa in esame dovrebbe attestarsi al 25%, da questa, dovrebbero esser esclusi i mercati di Canada e Messico.
Usa - Cina: atteso il confronto Trump - Xi al G20
In attesa di vedere se alle parole faranno seguito i fatti, l’attenzione rimane alta sul meeting di Buenos Aires, dove i due presidenti di Cina e Stati Uniti avranno modo di dialogare in merito alle future politiche commerciali che intenderanno perseguire: sui mercati si alternano le opinioni di chi ritiene impossibile l’accordo tra Xi Jinping e Donald Trump, e chi invece sostiene che, per la Cina, il minore dei mali è accontentare gli Stati Uniti, uscendo da quei mercati core a stelle e strisce che tanto stanno a cuore al Tycoon.
Lo scontro tra le due potenze, tuttavia, va al di là del commercio: la competizione non è più solo sul mercato, ma sulla supremazia mondiale, desiderio che rende la Cina e gli Stati Uniti acerrimi rivali in ambito geopolitico, creativo, di proprietà intellettuale e diritti d’autore.
“General Motors ha scommesso molto sulla Cina anni fa quando ha costruito là (e in Messico) i propri impianti. Non penso però che tale scommessa stia pagando. Sono qui” ha chiosato Trump “per proteggere I lavoratori americani”.