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GUERRA COMMERCIALE

Trump: dazi alla Cina, solo una mossa tattica?

Nelle ultime ore sono diminuite le tensioni sulla guerra commerciale dopo le parole di Trump

Fonte: Bloomberg

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Cosa è successo venerdì?

Trump ha alzato il volume dello scontro drasticamente con Pechino annunciando venerdì sera dazi aggiuntivi del 100% su tutte le importazioni dalla Cina e nuovi controlli all’export USA su “qualsiasi software critico”, efficaci dal primo novembre. La Casa Bianca ha presentato la mossa come risposta a una mossa ostile di Pechino sulle terre rare (nuove forti restrizioni sull’export) e come strumento di pressione prima di un eventuale faccia a faccia con il presidente cinese Xi Jinping (previsto a fine ottobre inizio novembre a margine del meeting APEC in Corea del Sud).

Cosa è successo nel weekend?

Nel weekend Donald Trump ha fatto qualche passo indietro cercando di allentare le tensioni.
The Donald ha affermato che

“Non preoccupatevi della Cina, andrà tutto bene! L’amatissimo e altamente rispettato Presidente Xi ha solo avuto un momento no. Gli Stati Uniti vogliono aiutare la Cina, non farle del male!!!”.

I mercati hanno interpretato che le parole di Trump nel weekend confermassero  l'idea che il lancio dei dazi aggiuntivi del 100% fosse solo una mossa tattica negoziale come risposta alle scelte della Cina sulle limitazioni all'export di terre rare.

La risposta della Cina

La prima risposta della Cina da parte del ministro degli affari esteri Lin Jian è stata:

“La Cina sollecita gli Stati Uniti a correggere tempestivamente le loro pratiche erronee. Se gli Stati Uniti insistono nel seguire la propria strada, la Cina adotterà sicuramente misure risolute per salvaguardare i suoi legittimi diritti e interessi.”

Anche il Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese ha fatto sapere di aver chiesto agli USA di ritirare la minaccia perché “danneggia gravemente l’ambiente dei negoziati”, ribadendo che “non vogliamo una guerra dei dazi, ma non la temiamo”. Ha anche difeso le nuove restrizioni cinesi su terre rare come legittime misure di controllo all’export.

Quali i prossimi step?

Nel brevissimo periodo il focus è sugli Stati Uniti: tra qui e il 1° novembre la Casa Bianca deve convertire l’annuncio in atti formali. Parliamo di proclamazioni presidenziali e regolamenti di USTR e Dipartimento del Commercio che renderanno effettivi i dazi al 100% e i nuovi controlli sull’export di software critico. In parallelo, è plausibile l’apertura di finestre per esenzioni mirate: settori o componenti ritenuti strategici per la produzione domestica potrebbero ottenere carve-out temporanei per evitare shock immediati alle filiere.

Subito dopo entra in scena la Cina. Tra novembre e dicembre scatteranno le nuove regole sulle terre rare, con licenze più rigide e l’estensione dei vincoli anche a prodotti esteri che incorporano materiali o tecnologie cinesi. Qui vedremo i primi casi pratici: aziende globali che richiedono permessi, dogane che si allineano ai nuovi codici, e possibili colli di bottiglia su magneti, componenti per semiconduttori, elettronica e difesa.

La finestra più delicata è quella delle prossime 2–6 settimane. Pechino potrebbe rispondere con ritorsioni tariffarie o regolatorie, mentre a Washington non si escludono ricorsi legali e ulteriori chiarimenti su perimetro e tempi. Sullo sfondo, la diplomazia proverà a a trovare delle soluzioni settoriali per stabilizzare le catene critiche. I mercati resteranno ipersensibili: ogni notizia su esenzioni, liste di prodotti o tempistiche può muovere tech, energia, oro e valute EM. In sintesi: prima l’implementazione tecnica americana, poi l’avvio operativo delle regole cinesi, infine il braccio di ferro negoziale — con gli asset finanziari che reagiscono a ogni dettaglio.

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