BOLLA AI
Capex, margini e qualità della guidance: cosa guardare nelle prossime settimane
È uno dei temi più chiacchierati nelle sale operative: siamo davvero vicini allo scoppio della bolla dell’intelligenza artificiale? Alcuni segnali puntano verso un possibile cambio di tendenza e a un aumento del rischio di correzioni sul tech. Ecco i driver emersi di recente.
Il celebre investitore che anticipò la crisi dei subprime nel 2008 ha comunicato l’acquisto di un consistente numero di opzioni put su Nvidia e Palantir, scommettendo su un possibile calo delle quotazioni nelle prossime settimane. Burry, inoltre, ha criticato alcune big tech per pratiche contabili che—secondo lui—gonfierebbero i profitti, in particolare attraverso la sottostima degli ammortamenti.
Fino a pochi mesi fa, per misurare la “salute” dell’AI si guardava soprattutto alla dimensione dei capex. Dalle ultime trimestrali, invece, l’attenzione degli investitori è tornata su margini e monetizzazione degli investimenti: alcune società hanno iniziato a mostrare ricavi AI tracciabili e miglioramento dell’operating leverage, altre faticano ancora a costruire un revenue bridge credibile.
Un elemento che il mercato digerisce sempre meno è l’aumento del debito corporate per finanziare la corsa all’AI. Il caso Oracle viene citato spesso: leva in crescita per sostenere il posizionamento nella potenza di calcolo dei data center.
Per non parlare delle debolezze di OpenAI, che in caso non riuscisse a monetizzare gli enormi investimenti, potrebbe far partire un effetto domino capace di travolgere altre aziende.
Ci sono elementi per parlare di bolla e si intravedono primi segnali di debolezza. Detto ciò, alcune trimestrali—Alphabet e Amazon in primis—hanno mostrato che l’AI può spingere davvero i ricavi grazie all’espansione del cloud. Nel breve ciò può sostenere ulteriori segmenti rialzisti; nel medio periodo ci aspettiamo però correzioni rilevanti, complice l’ipercomprato accumulato negli ultimi mesi.
In sintesi: la bolla AI non è ancora scoppiata. I conti di Amazon e Alphabet indicano monetizzazione reale; ma si intravede una mini-bolla nei capex: dove mancano KPI di monetizzazione, il mercato corregge (es. Meta) o diventa più esigente (Microsoft). La cartina di tornasole sarà Nvidia il 19 novembre: se la catena del valore (chip → cloud → applicazioni) regge nei numeri e nella guidance, il trend può ripartire verso nuovi massimi. In caso contrario, è plausibile un repricing degli eccessi di spesa.
Nvidia (19 novembre): earnings e guidance cruciali per l’intera filiera AI.
FOMC (9–10 dicembre): il costo del capitale resta determinante per valutazioni, capex e multipli del settore.
Capex vs ricavi AI “tracciabili”
Tra Google, Microsoft e Meta, decine di miliardi a trimestre testano la pazienza del mercato: bene dove c’è ricavo associato (Alphabet), male dove il payback è lontano (Meta).
Margini delle piattaforme cloud
Amazon e Alphabet mostrano operating leverage in miglioramento su carichi AI; Microsoft segnala pressioni sui costi nel breve.
Qualità della guidance
Il mercato premia chi collega capex → prodotti → ricavi con KPI verificabili (cloud backlog, AI attach rate) e punisce gli approcci “capex-first”.
Equity: preferire i nomi con AI già monetizzata (AWS/GCP) e visibilità su backlog; essere selettivi su chi alza i capex senza un revenue bridge chiaro.
Event risk: Nvidia (19/11) ad alta sensibilità—potenziale catalizzatore in entrambe le direzioni.
Le quotazioni arretrano e si avvicinano al supporto a $190 (picco del 7 novembre). Violazione ribassista di $190 creerebbe i presupposti per una discesa verso $186,20 (bottom del 6 novembre) e quindi $180
Sul lato opposto, indicazioni contrarie solo con il superamento della resistenza a $201,56: break-out di $201,56 riaprirebbe margini di recupero sul breve.
Ribassista (principale): sotto $190 → proiezione $186,20 ⇒ $180.
Rialzista (alternativo): sopra $201,56 → alleggerimento della pressione con spazio di rimbalzo.