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Ondata di dati negativi provenienti da oriente: calano l’export e i consumi cinesi, rallenta la spinta economica australiana, scendono Pil e spese pro capite in Giappone. Il tutto, in un contesto di mercato già teso per le questioni commerciali tra Cina e Stati Uniti e per la vicenda Huawei, che rinfranca la convinzione di un’impossibilità di raggiungere un accordo tra Pechino e Washington sugli scambi internazionali.
I mercati, intanto, scontano a ribasso i timori di un rallentamento globale.
E’ stato un avvio di settimana in rosso quello delle borse asiatiche: Tokyo ha chiuso a -2,1%, poco sopra il -2,3% di Sydney; Hong Kong e Shanghai hanno lasciato sul mercato rispettivamente il -1,35% e il -0,8%. Male anche Singapore e Taiwan, con variazioni negative oltre il punto percentuale.
Coi dati resi noti nella mattinata di lunedì, il Giappone comunica al mercato il proprio raffreddamento economico: la rilevazione sul PIL ha mostrato un dato nel periodo luglio-settembre pari a -2,5%, ben inferiore rispetto alle iniziali attese del -1,9% e ad un dato precedente a -1,2%. E' la peggiore contrazione in quattro anni. Tra i dati negativi, il calo dei prestiti bancari. Il brusco rallentamento della produttività (legato, tra gli altri, ai segni meno registrati dalla spesa pro capite e dei consumi privati), evidenzia una minor consistenza dei piani di spesa in conto capitale da parte delle aziende, rilevazione che ha spinto a ribasso i titoli del settore industriale.
Segno rosso anche per il mercato cinese, penalizzato dalle rilevazioni sui livelli di import ed export di novembre inferiori alle attese. Non solo: il ribasso dell’indice dei prezzi al consumo ha infuso la paura di una perdita di slancio della domanda interna, con l’inflazione in calo rispetto al mese precedente dello 0,3% (contro attese a -0,2%). Ad impattare negativamente, certo, le tensioni commerciali, che hanno progressivamente vessato il Dragone con dazi.
Intanto, la Reserve Bank of Australia ha confermati di voler mantenere i propri tassi di interesse invariati all'1,5%, come da attese. La RBA ha motivato tale decisione alla luce del fatto che "i bassi tassi di interesse stanno sostenendo l'economia, migliorando l'occupazione".