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MONDO AI

Il grande vincitore del mese di novembre: Google/Alphabet

Google in controtendenza rispetto alle altre big tech, il valore di mercato si avvicina ai 4.000 miliardi di dollari

Fonte: Bloomberg

Written by

Filippo A. Diodovich

Filippo A. Diodovich

Senior Market Strategist

Published on:

Mentre una parte dei titoli tecnologici legati all’intelligenza artificiale sta correggendo in modo violento, Alphabet sembra vivere in un mercato parallelo. Il titolo di Google continua a macinare massimi storici, la capitalizzazione sfiora i 3.900 miliardi di dollari, e il gruppo entra di fatto nella corsa al trono di società più capitalizzata al mondo:

  • Nvidia 4.200 miliardi
  • Apple 4.150 miliardi
  • Alphabet 3.900 miliardi

Per un investitore o un trader, la domanda non è più solo se “Google sta sostenendo la bolla AI”, ma se non sia addirittura uno dei candidati più credibili a guidare la fase 2 di questo ciclo. Google/Alphabet al posto di Nvidia?

Rialzo in controtendenza rispetto al settore tech

In un mese complicato per il tech, in particolare per i nomi più esposti all’hype sull’AI, Alphabet ha fatto esattamente il contrario di ciò che ci si aspetterebbe in un clima di “bolla”.

Dalla fine di ottobre il titolo è salito di circa il 18%, estendendo un movimento partito a inizio settembre dopo la vittoria in tribunale che ha di fatto chiuso lo scenario di uno spezzatino imposto dal governo USA.

Nello stesso arco temporale, altri protagonisti dell’AI trade come Microsoft, Oracle, Nvidia e Meta Platforms hanno registrato correzioni a doppia cifra. Il calo intorno al 13% di Microsoft ha riportato la sua capitalizzazione sotto quella di Alphabet per la prima volta dal 2018.

Per chi guarda i mercati, il messaggio è chiaro: non tutti i titoli AI sono uguali, e il mercato sta iniziando a fare selezione.

Core business in continua crescita

Alphabet non è una “scommessa opposta” rispetto all’intelligenza artificiale. Anzi, è nel cuore della corsa ai modelli più avanzati, e sta spendendo cifre enormi per farlo.

La differenza chiave rispetto ad altri big è che, mentre investe, continua a far girare a pieno regime il suo motore principale:

  • oltre 380–390 miliardi di dollari di ricavi annui, ancora in gran parte dalla pubblicità legata alla ricerca e a YouTube;
  • margini solidi e generazione di cassa che permettono di finanziare il capex AI senza stress eccessivo sulla struttura finanziaria.

Per un investitore, significa che buona parte della spinta sul titolo non è solo “speranza sull’AI”, ma anche re-rating su un business pubblicitario che si sta dimostrando più resiliente del previsto.

Ottima integrazione verticale nel mondo AI

Uno dei punti più sottovalutati dal mercato fino a poco tempo fa è il livello di integrazione verticale di Alphabet nel mondo AI.

Con il recente lancio di Gemini 3, Google ha messo sul tavolo un modello di frontiera:

  • addestrato sulle proprie infrastrutture
  • usando i propri chip TPU, progettati in casa
  • integrato nativamente nei prodotti che raggiungono miliardi di utenti (Ricerca, Workspace, Android, Chrome, YouTube).

Di fatto, Google oggi assomiglia a una combinazione di:

  • OpenAI (per lo sviluppo di modelli avanzati),
  • Microsoft (per la distribuzione via cloud e productivity),
  • Nvidia (per la parte di chip dedicati all’AI).

Questo modello integrato non solo riduce la dipendenza da fornitori terzi, ma apre anche scenari nuovi: la possibilità di vendere capacità di calcolo AI e chip TPU ad altri hyperscaler e grandi gruppi tech.

Meta vuole i chip di Google?

Un segnale molto interessante per il mercato è il crescente interesse di Meta a diversificare la propria dipendenza da Nvidia e, secondo diversi rumor e indicazioni di mercato, a valutare l’acquisto di capacità di calcolo basata su chip Google (TPU).

Per investitori e trader questo passaggio è cruciale:

  • conferma che i TPU di Google sono competitivi non solo “in casa”, ma anche per altri big del settore;
  • trasforma un investimento in infrastruttura, nato per uso interno, in potenziale linea di business con margini elevati;
  • posiziona Alphabet come fornitore e al tempo stesso concorrente degli altri attori della corsa all’AI.

Se Meta, che spinge forte su AI generativa, modelli open source e metaversom scegliesse davvero di comprare capacità di calcolo da Google, il messaggio per il mercato sarebbe fortissimo: i chip di Mountain View sono una vera alternativa alla “dittatura” Nvidia.

Google cerca il primo posto nella race della capitalizzazione

La narrativa sulla “guerra dei trilioni” non è solo colore per i giornali. Per chi fa trading o allocazione di portafoglio, la scala conta:

  1. Nvidia guida con circa 4,2 trilioni di dollari di market cap, trainata dall’esplosione della domanda di GPU per AI.
  2. Apple segue con circa 4,15 trilioni, sostenuta da un ecosistema hardware–software–servizi ormai maturo ma sempre estremamente profittevole.
  3. Alphabet, a circa 3,9 trilioni, è il terzo incomodo che unisce pubblicità, cloud, Android, YouTube e ora un posizionamento AI sempre più credibile.

Questa gara ha diverse implicazioni operative:

  • attira flussi degli ETF market cap weighted, che continuano a incrementare sui nomi più grandi;
  • influenza il comportamento dei fondi benchmark aware, che difficilmente possono permettersi di essere sottoesposti a chi sta competendo per il primo posto;
  • alimenta logiche di momentum e rotation trade tra “AI puro hardware” (Nvidia), “AI + consumer hardware” (Apple) e “AI + ads + cloud” (Alphabet).

Capex: Alphabet spinge, ma in modo più disciplinato

La grande domanda per il mercato è: tutta questa spesa in AI, quando genererà ritorni concreti?

Nel complesso, Alphabet, Microsoft, Amazon, Meta e Oracle hanno messo sul piatto circa 321 miliardi di dollari di capex nei primi nove mesi dell’anno, quasi il triplo rispetto allo stesso periodo di due anni fa.

Dentro questo quadro:

Google prevede capex tra 91 e 93 miliardi di dollari quest’anno, +75% vs anno precedente e circa il triplo della media degli ultimi tre anni.

Ma questa cifra rappresenta “solo” il 23% dei ricavi attesi, contro il 35% circa di Meta e Microsoft.

In pratica, Alphabet sta investendo pesantemente, ma senza spingersi agli estremi di altri concorrenti.

Per un investitore, questo si traduce in un migliore equilibrio tra:

  • crescita futura (tramite AI e infrastrutture),
  • protezione dei margini e del free cash flow nel breve–medio termine.

Struttura finanziaria: più spazio per spingere senza stress

Nonostante una recente emissione obbligazionaria da 25 miliardi di dollari, Alphabet resta uno dei big tech con la leva più bassa.

In più, è l’azienda con la maggior cassa netta tra i suoi competitor.

Alphabet ha ancora spazio abbondante per:

  • continuare a investire in infrastrutture AI,
  • fare M&A mirato,
  • sostenere piani di buyback.

Valutazione fair?

Il rovescio della medaglia è che Alphabet non è più la “big tech sottovalutata” che alcuni compravano qualche trimestre fa.

Il titolo tratta intorno a 29x gli utili attesi sopra la sua media degli ultimi anni, ma sostanzialmente in linea con Nasdaq e altri mega-cap tech.

Per chi investe, la domanda è se questo premio di valutazione sia sostenibile.

Gli argomenti a favore sono:

  • rischio regolatorio ridimensionato dopo la vittoria giudiziaria che ha allontanato l’ipotesi di breakup;
  • posizionamento AI ormai credibile, con Gemini 3 e TPU che iniziano a essere riconosciuti dal mercato come veri asset strategici;
  • la possibilità, sempre più concreta, che Google diventi non solo utilizzatore ma anche fornitore di infrastruttura AI per altri grandi player (vedi potenziale interesse di Meta).

In altre parole, non è più la storia del “motore di ricerca in sconto”, ma quella di una platform AI–ads–cloud che il mercato è disposto a prezzare con multipli più alti.

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