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Inflazione: indici CPI e PCE, perché sono importanti e quali sono le differenze

L’indice dei prezzi al consumo e quello relativo alle spese personali dei consumatori sono due parametri diversi e possono variare sensibilmente tra loro. Tuttavia, la FED predilige solo uno dei due.

Fonte: Bloomberg

Le differenze tra CPI e PCE

Negli Stati Uniti il calcolo dell’inflazione è di responsabilità sia del Bureau of Labor Statistics (BLS), che si prende incarico di calcolare il CPI (Consumer Price Index), sia del Bureau of Economic Analysis (BEA), che misura invece il PCE (Personal Consumers Expenditures). Entrambi gli indicatori danno una misura sulle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti anche se vi è una notevole differenza tra i due.

Il primo viene calcolato riferendosi ad un paniere di beni e servizi che è pressoché fisso (varia solo ogni due anni) e ha dunque lo svantaggio di non rispecchiare fedelmente le abitudini di spesa dei consumatori. Di conseguenza, i risultati potrebbero non essere così precisi nel tracciare l’evolversi dell’inflazione. Anche per questo motivo il BLS ha annunciato che, a gennaio 2023, intende modificare la ponderazione utilizzata nel calcolo dell’indice con dati provenienti solo da un singolo anno.

Le categorie che hanno un peso maggiore nel calcolo del CPI sono gli alimentari, i trasporti e le abitazioni. Inoltre, il CPI utilizza dati provenienti da sondaggi urbani compiuti presso le famiglie.

Il CPI risulta dunque più volatile rispetto al PCE e il suo calcolo viene influenzato molto di più dai cambiamenti di prezzo di categorie di beni quali i computer o il carburante.

Inoltre, dal computo dell’indice, la formula esclude i pagamenti indiretti da organizzazioni no-profits che forniscono servizi alle famiglie, così come i piani di assistenza sanitaria e il Medicair e Medicaid.

Dunque, nonostante il CPI offra una visione generale dell’inflazione non riesce a tracciare in modo preciso il momentum di crescita dei prezzi.

Infatti, l’inflazione pesa in modo diverso su ogni consumatore. Ad esempio, una persona che utilizza l’auto tutti i giorni per andare al lavoro patirà molto di più il rincaro dei prezzi, a causa di un costo elevato del carburante, rispetto ad un individuo che lavora da casa quotidianamente.

Inoltre, nel contesto odierno, in cui la propensione al consumo dei cittadini statunitensi sta diminuendo e le spinte inflazionistiche stanno spostando i consumi verso nuove e più economiche categorie di beni, il CPI offre solo una visione parziale della crescita dei prezzi al consumo.

Per questo motivo, esiste anche il PCE che, al contrario del CPI, viene calcolato con riferimento ad un paniere di beni e servizi che varia di mese in mese in base alle abitudini di spesa dei consumatori. Questo significa che il suo risultato rifletterà molto meglio l’evolversi dell’inflazione rispetto al CPI.

Il PCE utilizza i dati provenienti dal report sul PIL e da quello dei fornitori e misura tutti i panieri di beni e servizi acquistati dalle famiglie e dalle organizzazioni no-profits. Inoltre, garantisce una minore volatilità, rispetto al CPI, correlata al variare dei prezzi sottostanti.

L’indicatore preferito dalla FED

Nonostante la maggior accuratezza del PCE, ufficialmente la Federal Reserve tiene conto di tutte e due gli indicatori durante le sue decisioni di politica monetaria. In questo modo, la banca centrale statunitense cerca di avere una visione più ampia della crescita dell’inflazione.

Detto questo, la FED, dal 2012, ha annunciato che il PCE sarebbe comunque stato il suo indicatore primario per il calcolo dell’inflazione (in particolare quello Core che esclude i volatili panieri degli energetici e degli alimentari).

I motivi sono vari ma tra questi la banca centrale statunitense ha puntualizzato che il PCE ha un miglior grado di accuratezza (rispetto al CPI) nel tracciare i cambiamenti di spesa dei consumatori, comprende una copertura più ampia di beni e servizi e infine i dati sono rivisti mensilmente.

Il CPI risulta comunque molto utile, soprattutto nell’incremento mensile e nella crescita di alcuni categorie di beni e viene quindi utilizzato come parametro generale.

Inoltre, quest’ultimo viene considerato per identificare quando i prezzi di alcuni beni rimangono elevati troppo a lungo. Quando questo avviene, le aspettative future dei consumatori possono essere distorte al rialzo generando quindi un ulteriore spinta dei prezzi (in quanto i consumatori spendono ora perché costerà di più nei prossimi mesi).

In conclusione, entrambi gli indicatori risultano utili per comprendere le cause e l’evolversi della crescita dei prezzi ma possono risultare un notevole aiuto anche per i trader che cercano di anticipare le future mosse di politica monetaria della FED per approfittare di particolari condizioni di mercato.

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