Quotazioni del petrolio in leggero rialzo: chi sta vincendo la guerra dei prezzi?
Oggi il Brent torna a sfiorare la soglia dei 30 dollari al barile, il Wti si ferma a 25,5. Al calo della domanda causato dal coronavirus si aggiungono i dissidi tra Russia e Arabia Saudita
Mentre i mercati azionari combattono contro gli effetti della crisi scatenata dalla pandemia di Covid-19, sul fronte delle materie prime il prezzo del petrolio non solo combatte con la contrazione della domanda seguita alla chiusura dei confini (nel tentativo di contenere la diffusione del virus), ma anche con le pressioni ribassiste scatenate dalla guerra dei prezzi tra Russia e Arabia Saudita.
Quando sono iniziati i dissidi tra Mosca e Riad sul prezzo del petrolio?
È dal 2016 che l’Opec, l’organizzazione che riunisce i principali paesi esportatori di petrolio, ha allargato la propria composizione con l’ingresso di altri produttori, prima fra tutti la Russia.
Lo scopo dell’organizzazione allargata, far risalire i prezzi dai minimi (27 dollari al barile) che il greggio aveva raggiunto in quei mesi, ha acquistato nel tempo un’ufficialità che ha portato, lo scorso dicembre, a un accordo congiunto per ridurre la produzione di petrolio, allo scopo di pilotarne il prezzo verso l’alto.
Il punto di rottura è arrivato il 6 marzo, durante l’ultima riunione dell’Opec+. La proposta dell’Arabia Saudita di aumentare i tagli alla produzione per ulteriori 1,5 milioni di barili al giorno (arrivando a un totale di 3,6 milioni di barili in meno al giorno) non ha trovato terreno fertile in Russia e il ministro dell’Energia, Alexander Novak, ha opposto un netto rifiuto ad aderire all’ulteriore taglio – asserendo piuttosto di essere disposto a concordare un prolungamento dei tagli, da giugno alla fine dell'anno.
Al momento, i membri dell’Opec+ sono vincolati dall’accordo di dicembre a mantenere le produzioni ribassate fino alla fine di marzo. Da aprile, già Riad ha annunciato un aumento della propria produzione e ha già commissionato un aumento a 13 milioni di barili al giorno alla compagnia petrolifera Saudi Aramco.
Chi sta vincendo la guerra sul prezzo del petrolio?
Alcune fonti, più ufficiose che non, affermano che il presidente delle Federazione Russa, Valdimir Putin non sarà fatto il primo a cedere davanti alla minaccia di Riad di provocare un ulteriore abbassamento del prezzo del greggio – nonostante il crollo delle ultime settimane abbia già provocato una svalutazione del rublo.
Il budget annuale di Mosca prende in considerazione un prezzo del barile non inferiore a 40 dollari. Attualmente, tale cifra è stata di gran lunga superata: il Wti quota a 25 dollari al barile, il Brent a 29,53 dollari al barile.
Ormai, il deficit per il primo trimestre dell’anno è dato per scontato. Si teme il rischio recessione, ma comunque Putin non è disposto a chinare la testa. D’altra parte, se il break-even per la Russia si aggira intorno ai 40 dollari, per il Regno Saudita è praticamente il doppio: se c’è qualcuno nella posizione di poter dettare le regole, dunque, quello non è il principe saudita Mohammed bin Salman.
Qual è il ruolo degli Usa?
Solo ieri, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha contattato telefonicamente Putin. “Entreremo (nella questione) a tempo debito”, avrebbe dichiarato il Tycoon: secondo indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal, gli Usa starebbero ponderando l’ipotesi di nuove sanzioni contro Mosca, nel tentativo di spingere al rialzo il prezzo del petrolio.
Nel frattempo, il commissario della Texas Railroad Ryan Sitton ha proposto di tornare a regolare la produzione statunitense di petrolio, riducendo la produzione (per la prima volta da 50 anni) così da provocarne un aumento del prezzo. Sitton ha inoltre auspicato che gli Usa entrino a dettare le regole del gioco insieme a Russia e Arabia Saudita, in quanto terzo produttore di petrolio al mondo.
Come si sta muovendo ora il prezzo del petrolio?
Dopo un iniziale tentativo di rimbalzo, spinto dall’idea che Trump potesse intervenire tra i due litiganti, il prezzo del greggio ha subito nel corso delle ultime ore una netta inversione di tendenza, arrivando a 25,28 (il Wti) e 29,87 (il Brent).
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