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Netflix vs Disney vs AT&T: la battaglia dei servizi di streaming

Disney, AT&T e Apple stanno per lanciare nuovi servizi di streaming- riuscirà Netflix a resistere alla competizione?

Logo Disney Fonte: Bloomberg

Quando, negli anni ‘50, la televisione è entrata nelle case delle famiglie, il cinema ha subito un grosso colpo. Solo nel Regno Unito, in un decennio, il numero degli spettatori è calato da 1,4 miliardi di spettatori a 500 milioni nel 1960. Negli ultimi anni le sale cinematografiche della Gran Bretagna hanno accolto 170 milioni di persone.

Oggigiorno la televisione si trova in difficoltà. In realtà, il problema sembrerebbe essere legato più alla pay-tv e alla tv via cavo. Il numero di contenuti video illimitati offerti sui social media e sui siti come Youtube, oltre al crescente uso dei servizi come Netflix e Amazon, Prime Video ci ha permesso di guardare quel che vogliamo, quando vogliamo e facendo sì che non sia più la tv a dettarci gli orari. Il tempo trascorso dedicato alla TV, su entrambe le sponde dell’Atlantico, è in costante diminuzione dal 2010 circa.

Disney, AT&T e Apple lanciano una sfida a Netflix

Netflix, dall’originaria attività di noleggio dei DVD per posta, è diventata prima il leader mondiale nei servizi di streaming video, e poi si è conquistata il favore degli investitori come azienda tecnologica innovativa che applica da pioniere il concetto di pure-play a un mercato nuovo e in rapida crescita.

Tuttavia, la sua leadership sta per essere messa a dura prova: l’avvento della concorrenza, caratterizzata da una forte potenza finanziaria, sta per fare il proprio ingresso sul mercato. Oltre alla concorrenza di Amazon, Netflix dovrà fronteggiare le rivalità di Disney e AT&T, il più grande distributore di pay-TV negli Stati Uniti, che ha acquistato Time Warner per 85 miliardi di dollari con l’obiettivo di formare le basi di un nuovo servizio di streaming. Come se non bastasse, anche Apple ha un progetto simile in cantiere e, a dimostrazione della eterogeneità dei possibili nuovi concorrenti, circola voce che anche che Walmart, il marchio della grande distribuzione, stia prendendo in considerazione l’introduzione di una nuova offerta di servizi.

Ognuno di questi nuovi concorrenti possiede leve uniche per operare nel mercato della streaming tv. AT&T sta cerca di sfruttare la sua impareggiabile rete di clienti di telefonia e banda larga, Disney punta sulla rete di franchising mondiale, Amazon ha tutta l’infrastruttura digitale di cui ha bisogno, e Apple vanta già un business di successo per lo streaming musicale, oltre che a disporre di una ragguardevole quantità di denaro. Sebbene Netflix sia leader incontrastato del mercato, l’elevato livello qualitativo dei nuovi arrivati significa che la vera battaglia per i contenuti in streaming è solo all’inizio.

Tutto ciò ha aperto il dibattito sulle prospettive e sul modello di business di Netflix, che continua a prendere in prestito miliardi di dollari per creare propri contenuti, e darà il via a una nuova spinta nel settore verso una maggiore attenzione alla qualità, più che alla quantità. L’obiettivo sinora è stato quello di creare contenuti per attrarre nuovi abbonati, ma il mercato ha lentamente capito che sarebbe molto meglio creare contenuti per i propri clienti, anziché attrarne di nuovi.

Prendendo spunto dai cambiamenti radicali imposti in modo così rapido dai servizi di video streaming, daremo un’occhiata alle diverse strategie che vengono implementate e alle conseguenze che tutto ciò comporta per Netflix.

Quanto è grande il mercato dello streaming video?

A livello globale, il numero di persone che utilizzano i servizi di video streaming è destinato ad aumentare di oltre il 45%, passando dai 283 milioni del 2018 a 411 milioni entro la fine del 2022, secondo un sondaggio di Statista; dati che fanno di questo settore la componente di gran lunga in più rapida crescita nel mercato dei contenuti video. Questa tendenza è supportata dalle giovani generazioni, con i servizi in abbonamento che si sono rivelati particolarmente diffusi tra i giovani dai 18 e i 24 anni.

Le caratteristiche distintive di questa nuova era sono l’aspetto “on-demand” del servizio, che permette allo spettatore di guardare la TV nel momento che gli risulta più comodo, e le funzionalità over-the-top (OTT), che consentono agli utenti di vedere in streaming o scaricare contenuti in modalità wireless, bypassando le piattaforme di telecomunicazioni e TV che tradizionalmente controllano ciò che la gente guarda. Anche se non mancano i contenuti gratuiti disponibili, è evidente che i consumatori sono disposti a spendere per un servizio in abbonamento che sia in grado di limitare la pubblicità e di offrire un’esperienza più personalizzata.

Mercato dello streaming video negli Stati Uniti: i consumatori utilizzano più piattaforme

Gli Stati Uniti sono il mercato streaming video più maturo del mondo e sede di quasi tutti i maggiori player mondiali al di fuori della Cina. Gli Stati Uniti fruiscono di contenuti video da tutti i tipi di canali: attraverso nuovi servizi digitali lanciati dalle emittenti tradizionali, piattaforme di download e noleggio, e persino attraverso le console per videogiochi. Tuttavia, i servizi di abbonamento si stanno dimostrando i più popolari, con Netflix e Amazon che detengono un chiaro vantaggio sul resto del mercato:vi è una crescente richiesta per i contenuti di migliore qualità offerti dai servizi in abbonamento.

Tra gli americani che guardano video online, il 27% fruisce di contenuti gratuiti rispetto al 31% che paga un abbonamento. Inoltre, questi servizi hanno superato i download, che sono utilizzati solo dal 16% degli americani. Secondo Statista, circa l’11% paga un abbonamento, ma scarica comunque i video.

Mercato dello streaming video in UK: che cosa si deve di sapere

Quello del Regno Unito è il mercato di streaming più maturo d’Europa e c’è ancora ampio spazio per crescere. Il gigante americano Comcast ha acquistato Sky dopo l’acquisizione dei servizi di intrattenimento della 21st Century Fox da parte di Disney. Il servizio di streaming di Sky, Now TV, è il rivale più accreditato di quello che rimane un crescente duopolio tra Netflix e Amazon.

Il Regno Unito ha raggiunto un momento cruciale all’inizio di quest’anno, quando il numero di persone abbonate a questi tre servizi ha superato per la prima volta il numero di abbonamenti TV, con oltre 15 milioni di abbonati a Netflix, Amazon Prime Video o Now TV.

Now TV rappresenta un fatto notevole dato che cerca di fronteggiare il declino del suo core business di pay-TV. I consumatori passano 38 minuti al giorno in meno a guardare la TV rispetto al 2012 e le cifre continuano a seguire questa tendenza quinquennale, mentre il tempo trascorso su siti come YouTube, i social media e le piattaforme di contenuti video sono in aumento, in particolare su tablet e smartphone a discapito della TV. Lo scorso anno gli operatori di pay-TV del Regno Unito hanno visto le loro entrate totali diminuire del 2,7% a 6,4 miliardi di sterline e l’importo speso per la pubblicità sulle loro reti è sceso del 7% a 3,9 miliardi di sterline, secondo l’agenzia britannica Ofcom. Di conseguenza, lo scorso anno gli investimenti delle emittenti pubbliche (BBC, ITV, Channel 4 e Channel 5) sono scesi al livello più basso mai raggiunto, a soli 2,5 miliardi di sterline.

Netflix e Amazon Prime: i leader di mercato dello streaming video

Fare confronti diretti tra i due leader di mercato non è semplice, a causa del modo in cui Amazon abbina il suo servizio di streaming video alla sua più ampia offerta Prime, che mette a disposizione degli abbonati anche la consegna gratuita e l’accesso ad altri servizi.

Se Amazon ha un milione di cose di cui preoccuparsi man mano che continua a entrare in nuovi mercati, Netflix si è concentrata esclusivamente sullo streaming video, che le ha conferito un vantaggio sul gigante dell’e-commerce sia negli Usa che all’estero.

Secondo i dati di Statista, il numero di abbonati a livello globale indica che i 137 milioni di clienti di Netflix le conferiscono una quota di mercato globale superiore al 48%, mentre Amazon, con 100 milioni di abbonati al servizio Prime, deterrebbe circa il 35%. Netflix ha oltre 58 milioni di clienti negli Stati Uniti, ovvero più del doppio dei 26 milioni di Amazon.

Come si evince dal grafico precedente, il 77% dei clienti dei servizi di video-on-demand negli Stati Uniti ha un account Netflix, rispetto a un 56% di titolari di account Amazon, il che rivela una chiara sovrapposizione. Ciò è dovuto al fatto che i consumatori fruiscono di più servizi piuttosto che di uno solo. In effetti, un utente di video-on-demand su tre fruisce di contenuti provenienti da oltre cinque servizi diversi (compresi tutti i servizi elencati). La situazione è spiegata dal fatto che alcuni utenti possono essersi abbonati ad Amazon Prime per motivi diversi dal servizio di streaming video, ma è comunque chiaro che ci sono persone che usano entrambi i servizi. Estrapolando i dati delle quote di mercato si evince che il 43% degli utenti statunitensi si abbona ad entrambi. I dati mostrano anche che, mentre almeno il 34% degli utenti ha solo un account Netflix contro il 13% che si abbona solo ad Amazon. Da qui si evince come l’offerta di Netflix sia molto più attraente.

Netflix può mantenere il suo slancio?

Mentre Netflix continua a bruciare cassa e a finanziare i suoi investimenti in contenuti facendo ricorso al debito, sembra che gli investitori siano interessati solo a un fattore: il numero degli abbonati. Proprio come il servizio di streaming musicale Spotify e i siti di social media come Twitter e Snap, che hanno ancora molta strada da fare prima di poter monetizzare il loro business, Netflix è sotto costante pressione per continuare ad aumentare la sua base utenti e mantenere alti tassi di crescita.

Il titolo in borsa, infatti, ha reagito male dopo i conti del secondo trimestre del 2018 dove ha deluso le attese, mentre è salito tanto dopo averle superate nel terzo trimestre è salito dell’8%.

L’espansione internazionale dell’azienda è stata a dir poco sorprendente. Netflix è disponibile in 190 paesi, cioè praticamente in tutti i mercati in cui potrebbe essere presente, con poche eccezioni, e l’anno scorso il numero degli abbonati internazionali ha superato quello del mercato statunitense. Così Netflix è riuscita a compensare il rallentamento del mercato Usa.

Il numero di abbonamenti è aumentato nonostante Netflix abbia aumentato i prezzi negli ultimi due anni, contribuendo non solo ad accelerare la crescita dei ricavi, ma anche a migliorare la redditività. Tanto che la sua divisione internazionale, che continuava a registrare perdite nella prima metà del 2017, ha realizzato profitti lordi trimestrali di oltre 300 milioni di dollari.

Un parametro che è stato spesso criticato a Netflix è quello di non aver fornito il tasso di abbandono, ovvero la percentuale di clienti persi ogni mese. Netflix ritiene che questo non aiuti a determinare la performance del business, ma l’assenza di questo dato costringe a formulare stime tutt’altro che attraenti. MiDiA Research ha stimato che il tasso di abbandono di Netflix è stato del 9,6% per trimestre nel 2017, il che significa che nell’annoi il 28% dei clienti ha annullato l’abbonamento.

Netflix ha recentemente annunciato che cambierà la metrica principale del numero di abbonati focalizzandosi sui clienti paganti, escludendo quelli che utilizzano il servizio in prova gratuita. Il dato rifletterà la crescita netta di abbonati a pagamento; dal 2019 Netflix fornirà solo un orientamento in merito a tali abbonamenti, in quanto questo rappresenta un indicatore più preciso sull’andamento dei ricavi.

Anche se la crescita proviene dall’estero, il mercato statunitense resta il fattore trainante dei profitti che, grazie all’aumento dei prezzi, sono cresciuti a un ritmo più rapido del numero di abbonati. La divisione internazionale di Netflix potrebbe rivelarsi come l’ancora di salvezza dell’azienda qualora il suo business negli Stati Uniti dovesse subire le conseguenze della nuova concorrenza che entrerà in gioco nel 2019.

Nel complesso, Netflix continua a crescere sia in termini di ricavi che di utile netto, avendo fatto registrare un aumento dei profitti nel 2018. Tuttavia, è chiaro che il tasso di crescita dei ricavi non è stato all’altezza di quello dell’anno scorso.

Netflix ha già avvertito che i suoi margini rimarranno ancora sotto pressione ed è probabile che questo sia solo un assaggio di ciò che avverrà quando la nuova concorrenza farà il proprio ingresso l’anno prossimo. In questo contesto, molti osservatori stanno iniziando a mettere in discussione la decisione di Netflix di investire sempre di più in contenuti originali facendo ricorso al debito, dopo aver raccolto 3 miliardi di dollari nel 2017 e altri 2 miliardi di dollari attraverso un’obbligazione all’inizio del 2018.

Nel complesso, Netflix continua a crescere sia in termini di ricavi che di utile netto, avendo fatto registrare un aumento dei profitti nel 2018. Tuttavia, è chiaro che il tasso di crescita dei ricavi non è stato all’altezza di quello dell’anno scorso.

Netflix ha già avvertito che i suoi margini rimarranno ancora sotto pressione ed è probabile che questo sia solo un assaggio di ciò che avverrà quando la nuova concorrenza farà il proprio ingresso l’anno prossimo. In questo contesto, molti osservatori stanno iniziando a mettere in discussione la decisione di Netflix di investire sempre di più in contenuti originali facendo ricorso al debito, dopo aver raccolto 3 miliardi di dollari nel 2017 e altri 2 miliardi di dollari attraverso un’obbligazione all’inizio del 2018.

AT&T acquisisce Time Warner per costruire un nuovo servizio di streaming

La situazione di AT&T rappresenta il cambiamento più fondamentale che sta avvenendo nel settore delle comunicazioni e dei media: la convergenza. Questo fenomeno prevede che le aziende vendano più prodotti e servizi insieme non solo per abbassare il costo di acquisizione di ogni cliente - cosa che diventerà cruciale per le aziende di streaming video in futuro - ma anche per ridurre il rischio di abbandono dei clienti fornendo loro numerosi servizi.

Nel Regno Unito, ad esempio, sia BT Group che Sky uniscono insieme le rispettive offerte di banda larga, TV e mobile. Nel 2018 BT ha perso clienti nell’area televisione e solo in parte è riuscita a controbilanciare questo risultato con l’aumento dei clienti con la banda larga e le buone prestazioni di BT Sport. Anche Sky ha perso clienti nell’area televisione nel corso del 2017, ma si calcola che abbia 8,5 milioni di clienti nel Regno Unito rispetto agli 1,7 milioni di clienti di BT.

Lo stesso discorso vale anche per AT&T, il più grande distributore di pay-TV negli Stati Uniti, leader di mercato per le reti mobili e la banda larga. Mentre i risultati trimestrali più recenti hanno mostrato una crescita sorprendente nel settore delle comunicazioni, l’azienda ha continuato a vedere un calo dei clienti TV, con un calo di quasi 300.000 solo nel terzo trimestre 2018.

Così AT&T, pienamente consapevole della transizione in corso verso piattaforme come Netflix, ha svelato lo scorso anno il suo piano di lanciare un nuovo servizio di streaming video, dopo l’acquisizione di Time Warner per 85 miliardi di dollari. L’acquisizione è stata fatta con l’obiettivo di sviluppare un nuovo servizio di streaming, in grado di attingere a ricchi contenuti provenienti da studi del calibro di Warner Bros Studios, il più grande studio cinematografico del mondo e proprietario di franchise, come Harry Potter e DC Comics.

L’obiettivo dell’acquisizione è quello di sfruttare gli studi di Time Warner per creare un nuovo servizio di streaming da distribuire alla vasta rete di clienti di AT&T. La società vanta già oltre 300 milioni di clienti su rete mobile negli Stati Uniti e le due realtà possono contare su una buona base di clienti su cui fare leva per i servizi di streaming esistenti HBO Now, HBO Go, DirectTV Now e Cinemax. Le due piattaforme HBO hanno oltre 5 milioni di abbonati negli Stati Uniti, mentre DirectTV Now ne ha oltre 1,5 milioni. Inoltre, il servizio premium via cavo e via satellite di HBO è utilizzato da oltre 140 milioni di persone in tutto il mondo; si tratta di un bacino a cui la società può puntare con il suo nuovo servizio, il cui lancio è previsto per la fine del 2019.

Uno degli asset di maggior valore di Time Warner è HBO, famosa per il “Il trono di spade”, che AT&T prevede di utilizzare come pietra angolare del servizio di streaming. AT&T riconosce che in base a questi piani HBO dovrà aumentare le proprie dimensioni, il che è una certezza se si considera il volume di clienti da cui AT&T può attingere aggiungendo HBO ai pacchetti esistenti.

La combinazione di AT&T e Time Warner è una cosa positiva. Anche se la linea di demarcazione tra contenuto e distribuzione appare poco netta, la speranza è che AT&T possa creare nuove opportunità pubblicitarie utilizzando i dati di ascolto dei clienti, che le permetteranno di rivolgersi a utenti specifici. Per AT&T, l’obiettivo è creare un modello di business su due fronti, basato sulla pubblicità e sugli abbonamenti, così da generare i ricavi necessari per creare nuovi contenuti che facciano da volano all’attività.

La presenza di AT&T nella banda larga e nella telefonia mobile si rivelerà preziosa anche negli anni a venire, soprattutto in vista del passaggio delle reti al sistema 5G dall’attuale 4G. Il leader del settore IT Cisco stima che l’80% di tutti i dati utilizzati su Internet nel 2020 sarà destinato alla fruizione di video, mentre il volume di dati trasmessi agli smartphone sta crescendo sia per l’uso generale che per la visualizzazione di contenuti video. Nonostante il declino, il ruolo della TV è ancora lontana dall’essere marginale. Secondo eMarketer, oltre il 75% degli americani ha ancora un abbonamento alla pay-TV e le aspettative sono che il dato rimanga al di sopra del 70% almeno fino al 2020.

Servizio di streaming Disney+ supportato da una base fedele

Disney, sotto il cui marchio operano i brand Mickey Mouse & Friends, Pixar Studios, Marvel e Star Wars, ha intrapreso anch’essa un percorso di acquisizione in preparazione del lancio del proprio servizio di streaming, Disney+, alla fine del 2019.

L’azienda è uscita vincitrice da una lunga battaglia con Comcast per gli asset di intrattenimento di Fox, che includono marchi come National Geographic e Fox Film Studio. Gli asset di Fox sono vitali per la Disney perché le garantiscono un’attrattiva sufficientemente ampia, nonostante molti addetti facciano notare che la maggior parte dei suoi franchise si rivolgono a fanbase più ristrette, anche se estremamente leali.

L’amministratore delegato Bob Iger si è impegnato a “servire in modo eccezionale i fan più appassionati di quei marchi creando esperienze e ambienti più adatti ai marchi stessi”. Il nuovo servizio sarà distribuito in un pacchetto abbinato ad altre due piattaforme, Hulu (di cui parleremo più avanti) e ESPN, un servizio incentrato sullo sport.

La divisione TV di Disney, che comprende ESPN e altri canali come ABC, è la più grande all’interno della società e, come le altre, ha recentemente incontrato delle difficoltà, affidandosi al suo studio cinematografico per cercare di districarsi dal momento negativo. Nei primi 9 mesi del 2018, i ricavi complessivi di Disney sono cresciuti dell’8%, trainati esclusivamente dal cinema e rallentati essenzialmente dalla televisione. Nel primo aggiornamento dopo il completamento formale dell’acquisizione di Fox, l’utile netto trimestrale è cresciuto del 23% rispetto all’anno precedente, anche se le aspettative degli analisti non sono state soddisfatte.

Ma, proprio come AT&T, Disney non sta rinunciando alla TV tradizionale. Iger ha infatti affermato che gli asset di intrattenimento di Fox continueranno a creare contenuti per la TV tradizionale e il nuovo servizio di streaming.

Disney è consapevole che la sua offerta è di nicchia rispetto a quella della concorrenza (è già stata soprannominata “Disneyflix” da alcuni operatori del mercato) e ha affermato che, se da un lato sta investendo somme considerevoli nell’ampliamento del servizio e in nuovi contenuti, dall’altro prevede di dover imparare a “camminare prima di poter correre”.

Disney assume il pieno controllo di Hulu, ma il futuro di Hulu rimane incerto

Hulu è stata originariamente costituita nell’ambito di una joint venture tra tre partner paritetici - Disney, Fox e Comcast - mentre Time Warner deteneva una partecipazione del 10%. Hulu è ora passata sotto il controllo di Disney in seguito all’acquisizione degli asset di intrattenimento di Fox, mentre AT&T ha ereditato la quota di Time Warner.

La creazione di Hulu può essere vista come uno sforzo congiunto da parte dei principali attori che avevano notato i primi segni della transizione verso lo streaming e il successo di Netflix. Anziché creare contenuti originali, è stato un modo per riunire le biblioteche di contenuti preesistenti di tutti i partner. Nonostante il relativo successo ottenuto da titoli del calibro di “The Handsmaid’s Tale”, gran parte dei contenuti di Hulu provengono ancora dagli azionisti partner. E ora che ognuno di questi azionisti sta mettendo in ordine i conti in casa propria, Hulu è passata per la prima volta sotto il controllo di un solo proprietario. Alcuni osservatori sostengono che gli investimenti e l’incisività sono entrambi mancati sotto la gestione congiunta, ma il controllo di Hulu da parte di Disney non significa che il futuro del marchio sia certo.

In primo luogo, ora che Hulu è una controllata di Disney anziché elemento di una partnership paritaria, la programmazione fornita da partner come Comcast e NBC potrebbe essere annullata. Inoltre, Disney potrebbe semplicemente acquisire gli oltre 12 milioni di abbonati di Hulu e trasferirli nella sua nuova offerta, lasciando che il marchio Hulu svanisca progressivamente. Il business, pur avendo un chiaro valore, sta sprofondando sempre più nei conti in rosso.

Apple sta lanciando un servizio di streaming video?

L’ipotesi di un servizio di streaming video Apple è stata solo ventilata dall’azienda e alimentata da notizie e voci dei media. Detto questo, si può essere abbastanza certi che il progetto verrà realizzato, in virtù della quantità di report sui contenuti attualmente in fase di produzione e della recente partecipazione di Apple al festival del cinema di Toronto.

In agosto, durante una telefonata avvenuta dopo la pubblicazione dei profitti trimestrali di Apple, il CEO Tim Cook ha risposto a una domanda su una possibile partnership con Oprah Winfrey e altre celebrità e attori, e su quale sarebbe stata la natura del progetto, rispondendo che Apple avrebbe creato “bellissimi contenuti originali”.

Come al solito, Apple è molto abbottonata quando si tratta di dire ciò che ha in serbo per i clienti, ma è ormai appurato che sia in arrivo una qualche forma di offerta di contenuti video. Nella stessa telefonata, Cook ha affermato che Apple aveva “assunto due dirigenti televisivi di alto profilo l’anno scorso; sono qui da diversi mesi e stanno lavorando a un progetto i cui dettagli non siamo ancora pronti a divulgare”.

Alcuni osservatori offrono già delle indicazioni su ciò che Apple potrebbe voler fare e su quando prevede di farlo. Sostengono che il servizio potrebbe essere lanciato con un rebranding sotto il marchio Apple Music, il servizio di streaming musicale che Apple ha dovuto approntare dopo che la sua piattaforma di download iTunes ha iniziato a mostrare segni di obsolescenza con l’emergere di realtà come Spotify. Altri suggeriscono che il servizio potrebbe essere lanciato nell’ambito di un rinnovamento di Apple TV, un set-top box che è stato disponibile per anni, ma che non ha finora goduto di grande popolarità. Le date di lancio del servizio variano, ma la stima più prossima è marzo 2019.

Un articolo pubblicato in ottobre dal quotidiano The Telegraph accredita l’idea di Apple TV, affermando che Apple è in trattative con BT su una possibile partnership per utilizzare la forte presenza dell’azienda di telecomunicazioni nel Regno Unito. BT è proprietaria di EE - la più grande rete mobile del paese e fornitore di banda larga - e si ritiene che stia prendendo in considerazione la distribuzione di dispositivi Apple TV ai propri clienti. Apple ha già concluso un accordo di questo tipo in Svizzera.

Come gli altri player che si preparano a fare il proprio ingresso sul mercato, anche Apple ha delle fondamenta proprie su cui costruire. Ha già oltre 50 milioni di abbonati a Apple Music in tutto il mondo, dopo una crescita esponenziale dai 40 milioni dell’aprile 2018, 30 milioni del settembre 2017 e 20 milioni della fine del 2016.

Apple si appresta ad acquisire Netflix o Disney?

Considerando la quantità di fusioni e acquisizioni attualmente in corso, non sorprende che Apple sia al centro delle discussioni sul prossimo “big deal”. Dispone di grande liquidità e potrebbe permettersi di comprare praticamente chiunque volesse e di investire più delle sue concorrenti. Si dice da tempo che Apple sia interessata ad acquistare Disney come metodo per acquisire velocemente contenuti di qualità, e, ipotesi considerata più realistica, ad acquistare Netflix come metodo per unire formidabili servizi di streaming video e musicale. I dirigenti di Apple hanno negato entrambe le ipotesi e, con la programmazione già in corso e in base alle segnalazioni di discussioni in atto con i distributori, sembra che l’azienda si appresti a sviluppare tutto internamente. Con il trascorrere del tempo, appare sempre meno probabile che Apple possa acquistare uno dei principali attori del mercato.

I contenuti originali sono destinati a svolgere un ruolo dominante, mentre le concessioni in licenza perdono appeal

Mentre le nuove realtà iniziano le produzioni e si preparano a quello che sarà l’inizio di un’affascinante rivalità, si prevede un lungo dibattito sui contenuti e sul prevalere della qualità sulla quantità. Da tempo, marchi come HBO guardano a Netflix con aria di superiorità, anche se Netflix li ha superati come numeri di abbonati, e il CEO di AT&T, Randall Stephenson, ha sostenuto questo punto di vista nel dichiarare che HBO sta a Tiffany come Netflix sta a Walmart.

Questa opinione, che sia stata espressa in modo convinto o per semplice gelosia, è giustificata. Netflix ha realizzato oltre 300 titoli originali l’anno scorso rispetto ai soli 56 titoli di Amazon e sta di gran lunga investendo più soldi nelle proprie produzioni rispetto ai suoi rivali. Sotto Time Warner, il budget di programmazione della HBO era rimasto invariato a circa 2,7 miliardi di dollari, ben sotto quanto spende Netflix. Finanziarsi a debito, però, ha ripagato: l’offerta di Netflix ha superato quella di HBO di 100 milioni di dollari per la serie TV “House of Cards”, destinata poi a diventare uno dei suoi più grandi successi.

Con il passaggio a AT&T, l’investimento nella programmazione di HBO è destinato a crescere, ma l’azienda non intende competere con le somme impiegate da Netflix. Sia HBO che Disney+ puntano a produrre un volume di contenuti inferiore a quello di Netflix ma, sfruttando il loro potente franchising, mirano a un livello qualitativo più elevato. “Premium” è la parola chiave per i nuovi servizi online, dato che queste realtà sanno di non potersi permettere di competere con le centinaia di titoli rilasciati da Netflix. AT&T ha dichiarato apertamente che “i contenuti premium sono sempre vincenti. Questo è sempre stato vero sul grande schermo, sulla TV e lo sarà anche sullo schermo dei dispositivi mobili”.

I costi totali di Disney per l’anno finanziario appena concluso sono aumentati di 3,3 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo relativo al solo ultimo trimestre, costi che sono stati ascritti all’espansione del nuovo servizio, mentre si ritiene che Apple abbia stanziato 1 miliardo di dollari per i contenuti nel 2018, con Variety che riferisce che Apple potrebbe investire fino a 4,2 miliardi di dollari per la programmazione originale entro il 2022.

Mentre la linea di demarcazione tra produttori e distributori di contenuti diventa sempre più sfumata, chi ha la fortuna di disporre di una ricca libreria di contenuti sta cercando di sfruttarla a beneficio dei propri servizi piuttosto che concederla in licenza ad altri, superando il modo tradizionale di fare le cose. Ad esempio, Time Warner ha concesso in licenza gran parte dei suoi contenuti a Netflix e ad altri operatori, ma ora viene inglobato in AT&T; Disney avrebbe semplicemente potuto concedere in licenza i suoi vari marchi, ma ha deciso di affrontare il mercato direttamente e ha già ritirato la maggior parte dei suoi contenuti da Netflix. Da questo punto di vista, Netflix potrebbe sostenere che, mentre la qualità sta diventando sempre più importante, esiste ancora, vista la crescente carenza di materiale concesso in licenza, la necessità di produrre centinaia di titoli originali ogni anno.

Le piattaforme di streaming video si espandono al di fuori degli Stati Uniti

Netflix vanta attualmente un accesso al mercato senza rivali e l’azienda ha dichiarato che il 77% della futura crescita degli abbonati fino al 2025 sarà da ascrivere a paesi extra-USA, con aree come Europa, India e America Latina che si profilano particolarmente promettenti. Netflix ha investito tempo e denaro per produrre contenuti per le varie nazioni e in diverse lingue così da ampliare il suo potere attrattivo, poi li ha tradotti per cercare di attirare il suo principale pubblico di riferimento di lingua inglese.

L’espansione all’estero della Disney, in particolare in Europa, sarà più lenta di quanto inizialmente sperato. Nell’ambito dell’operazione Fox, Disney ha acquisito anche una partecipazione significativa in Sky, ma l’ha in seguito venduta a Comcast, che sta progettando di espandere la Now TV di Sky in tutta Europa, dove Sky vanta già oltre 26 milioni di clienti tra Regno Unito, Irlanda, Germania, Italia e Austria. Mentre Comcast dispone di un’ottima base per catturare il 60% delle famiglie europee che non hanno un abbonamento di pay-TV (come Sky) utilizzando Now TV, Disney ha ammesso che la perdita significherà più tempo necessario per penetrare in Europa, anche se non ha del tutto rinunciato all’idea. In Europa, l’offerta per la TV premium OTT è più allettante laddove il cablaggio o i satelliti non sono adatti e non è stato possibile introdurre in modo consolidato servizi di pay-TV.

Netflix: l’aumento dell’indebitamento, dei costi e della concorrenza le faranno perdere il vantaggio acquisito?

Se da un lato il numero di abbonati può ancora essere il principale metro di misura di Netflix, dall’altro, l’attenzione dell’azienda e dei suoi nuovi concorrenti si sposterà sempre di più su quanto tutti dovranno spendere per acquisire nuovi clienti. Con il rallentamento della crescita interna, i margini sotto pressione, l’ingresso di nuova concorrenza e il continuo aumento del debito per poter produrre nuovi contenuti, è prevedibile che Netflix incontrerà delle difficoltà nei prossimi anni.

L’aspetto che avrà lo streaming video resta un’incognita. Aziende come Netflix possono avere l’ambizione di sostituire la TV tradizionale che ha dominato le scene per così tanto tempo, ma, per il prossimo futuro, lo streaming e la TV tradizionale andranno di pari passo. La qualità e la produzione di programmazione originale diventeranno fondamentali e i giorni delle concessioni in licenza ad altri stanno svanendo come conseguenza delle fusioni tra produttori e distributori di contenuti.

Vi sono margini di manovra per un’espansione e ulteriori sviluppi futuri: l’intelligenza artificiale, la tecnologia blockchain, la realtà virtuale e la realtà aumentata stanno introducendo ulteriori cambiamenti nel mercato e le fusioni e acquisizioni si intensificheranno, riunendo così contenuti e tecnologie sempre migliori. Per il momento, vale la pena restare sintonizzati.


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