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Trump a fuoco incrociato, tra Arabia Saudita, Fed ed elezioni di midterm

Occhi puntati sul mercato americano e sul suo presidente. Sull'agenda di Donald Trump peseranno i rapporti commerciali e diplomatici con Cina, Iran e Arabia Saudita, la linea dura della Fed e il toto elezioni di midterm.

Usa
Fonte Bloomberg

Donald Trump diviso tra più fuochi. Alle relazioni commerciali e diplomatiche che dominano le scene dall’Arabia Saudita alla Cina, altri due punti in agenda segnano il futuro del presidente americano: le decisioni di politica monetaria ad opera della Federal Reserve e le elezioni di metà mandato.

Arabia Saudita: Trump in attesa di sviluppi

Donald Trump, nella persona di Mike Pompeo, suo segretario di stato, ha dato oggi il beneficio del dubbio all’Arabia Saudita, annunciando che, per il momento, nessuna sanzione aggiuntiva colpirà il gigante del petrolio. Le dinamiche legate all’omicidio del giornalista dissidende saudita, Jamal Khashoggi, mai rientrato sul suolo statunitense dopo essersi recato nell’ambasciata saudita di Istanbul, hanno però riacceso le tensioni sul comparto energetico e, in generale, sul fronte geopolitico.

Mentre l'Arabia Saudita nega di aver avuto un ruolo nella scomparsa di Khashoggi, per l’Iran si avvicina la data (4 novembre) del ripristino delle sanzioni statunitensi, che impatteranno inevitabilmente sugli ordini di petrolio iraniano, riducendo il bacino dal quale la domanda mondiale potrà rifornirsi. Teheran ha già iniziato a registrare i primi effetti: l’export si è ridotto questo mese di circa 1,5 milioni di barili al giorno (bpd). Partendo dal presupposto che le esportazioni di greggio dall'Iran si dovrebbero stabilizzare attorno ai 900.000 barili al giorno, si può sostenere che l’effetto rialzista sui prezzi legato all'Iran sia in realtà già passato.

Il greggio, in calo per il secondo giorno consecutivo, ha avviato un movimento in discesa dopo la pubblicazione dei dati dell’EIA, l’Energy Information Administration, che ha evidenziato per la quarta settimana di fila una crescita delle scorte americane di oro nero.

Il crude quota oggi al di sotto dei $70 al barile; a $79 al barile sosta invece il brent.

La Fed procede sulla via del rialzo: nessun effetto Trump

Le minute della Fed pubblicate nella serata di mercoledì e relative al meeting del Fomc di fine settembre hanno confermato la linea dura dell’istituto di Jerome Powell. A poco sono valse le invettive di Donald Trump, dunque, che ha puntato il dito più volte contro l’istituto centrale a stelle e strisce, accusandolo di essere “impazzito” nell’irrigidire a tal punto la propria politica e di costituire “la più grande minaccia al boom economico attualmente in corso” negli USA. Mentre un rialzo dei tassi a dicembre è giò stato metabolizzato come per certo dal mercato, le preoccupazioni si rivolgono ora al 2019, dove oltre ai due interventi già confermati, la Fed potrebbe decidere di agire sul costo del denaro un’ulteriore volta.

L’incremento dei tassi americani tende a spingere a rialzo il valore del biglietto verde, rendendo più dispendiosi i debiti esteri denominati in dollari, nonché le materie prime. Il rialzo dei rendimenti americani, inoltre, spinge gli investitori a riportare capitale all’interno dei confini nazionali, sottraendolo da investimenti con più elevato rischio stabilità. Non stupisce dunque che, tra le preoccupazioni del Fomc, la crisi degli Emergenti, assieme al rischio di crescita economica, sono in cima alla lista.

Il dollaro si apprezza oggi contro il paniere delle principali valute, ottenendo poco più di mezzo punto percentuale in due sedute.

Wall Street ha aperto in calo, dopo una serie di report trimestrali deboli, che hanno aumentato i timori legati ad un possibile un aumento delle spese e all'impatto dei dazi.

Elezioni di mid-term: scenari e reazioni sul voto di Trump

Tra gli appuntamenti più attesi dell’anno, le elezioni di midterm (il prossimo 6 novembre) occupano una posizione di spicco, con gli elettori americani chiamati a votare senatori e rappresentati legislativi dei 470 seggi del Congresso Usa. Diversi studi hanno dimostrato che, storicamente, difficilmente il partito del presidente è riuscito a conservare la maggioranza in entrambe le camere e, in generale, ad ottenere più seggi di quanti già non ne possedesse.

In un periodo transitorio per l’amministrazione americana, che ha attirato su di sé l’attenzione di tutto il mondo dichiarando guerra aperta alla Cina (e non solo) sul fronte commerciale, i risultati di medio termine sono quanto di più atteso.

Se il voto confermasse lo status quo o, ancor meglio, se crescesse l’approvazione per il presidente, il biglietto verde, assieme al defict per investimenti, tenderanno a crescere, fornendo ulteriori spinte rialziste al mercato a stelle e strisce. Poche variazioni si registrerebbero anche se si confermasse lo scenario più scontato, quello di una perdita parziale di seggi. Ciò, renderebbe più difficile la gestione del bilancio statale, aprendo a possibili fasi di shutdown. A sortire un impatto negativo sui mercati potrebbe invece esser l’eventualità di un trionfo del partito democratico, che metterebbe in discussione l’operato (e i risultati) degli ultimi due anni di amministrazione Trump. Sembra comunque remota l’eventualità di un’uscita di scena di Trump per impeachment, successiva alla violazione delle norme finanziarie legate alla campagna presidenziale.

Nei primi nove mesi dell’anno, sospinti da utili positivi e dagli effetti dei tagli della riforma fiscale, l’indice S&P 500 ha aggiornato i propri massimi storici a settembre, con un record a 2940 punti, l’indice Nasdaq ha registrato sul mercato un incremento del +17,5%, mentre il Dow Jones ha aggiornato il proprio record bucando la soglia dei 26950 punti.

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